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Gianfranco Murtas

Cento anni dopo. Governo, governi, toponomastica

di Gianfranco Murtas

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Si discute in Consiglio comunale riunito a palazzo Bacaredda anche di toponomastica e i destri e i cosiddetti progressisti convergono, giustamente, per dare onore ad Andrea Arrica, nel nostro cuore insieme con Gigi Riva e Manlio Scopigno, con tutti gli altri rossoblù neppure uno escluso. Neppure fra le riserve e la primavera, e neppure fra i raccattapalle.

Ma di Ugo La Malfa che, leader del Partito d’Azione, rischiava la vita per raccogliere gli aviolanci degli alleati, nella campagne romane durante la resistenza e che 25enne era finito per qualche mese a San Vittore per antifascismo, là incontrando Titino Melis, suo fratello sardo più giovane ancora; di Ugo La Malfa padre della patria sbattuto in Sardegna, nel reparto dei “puniti” da vigilare a San Bartolomeo, per il servizio di leva, fra la laurea a Ca’ Foscari e l’arresto e la detenzione in contemporanea, a Milano, con quella di Antonio Gramsci; di Ugo La Malfa vero padre – con il ministro Pastore e in alleanza fraterna con i sardisti di Titino Melis – del Piano di Rinascita a trazione regionale, che è cosa di giusto sessant’anni fa, il Consiglio comunale a guida oggi fasciomora non s’è occupato e non si occupa. Come non si è occupato e non si occupa di Titino Melis, consigliere comunale di Cagliari per diciannove anni, e deputato e tante altre cose generose di servizio alla collettività in democrazia. In democrazia, nella democrazia repubblicana e costituzionale.

Il terrapieno intitolato a Enrico Endrich, che fu uomo di valore, e civile e professionale, di vasta cultura e giuridica e umanistica, ma fu anche gerarca di quella dittatura che tenne in prigione per cinque anni, devastandolo nel fisico, Cesare Pintus; una piazza intitolata, in quel di  Mulinu Becciu, a Vittorio Tredici, salvato nell’onore dai salvamenti di ebrei compiuti in limine e fatto, giustamente, “giusto”, ma per vent’anni, lui pure galantuomo, gerarca deputato e altro ancora nella dittatura che ci portò alle leggi razziali e alla guerra devastatrice e luttuosa; un’altra piazza, questa di fronte al palazzone della Regione Autonoma, intitolata all’industriale già banchiere ed editore (geniale per molti versi) Ferruccio Sorcinelli, che fino all’ultimo presentava se stesso come fascista duro e puro, combattendo i fasciomori che pur portavano qualche gusto passato che sapeva di democrazia e liberalismo; questo sì, è stato ed è. Con quanto riverbero pedagogico nelle giovani generazioni che la storia possono impararla anche dalle intitolazioni delle strade, ciascuno lo deduca in libertà.



I patrioti

Nel 1944 e 1945 anche in Sardegna si organizzarono raccolte di fondi a favore dei resistenti, e le intitolazioni dei giornali, nel dare conto delle sottoscrizioni – così L’Unione e così L’Isola entrambi defascistizzati – recitavano “Campagna pro-patrioti”. I patrioti erano i resistenti, cioè i partigiani, come patrioti erano stati nelle diverse stagioni i fratelli Bandiera, Ciceruacchio e il suo piccolo Lorenzo fucilati dai soldati austriaci scherani del papa Po IX oggi beato, e anche Guglielmo Oberdan impiccato 24enne a Trieste.

Cento anni dopo l’avventura della marcia su Roma che un grande del liberalismo sardo come Francesco Cocco Ortu, allora già ottuagenario, aveva con tutte le sue forze cercato di evitare premendo sul re, a palazzo Chigi una signora di nessuna storia patriottica e di molti voti raccolti nelle urne ha preso il posto di comando. Cento anni dopo, a Cagliari i fasciomori con alleati presi qua e là nelle liste civetta senza storia di ideali né socialisti, né liberali, né riformisti né radicali né tanto meno repubblicani comandano sul verde pubblico, i piani urbanistici, l’edilizia scolastica, il ritiro della spazzatura, la spiaggia del Poetto e altro ancora.

Cesare Pintus sindaco sbattezzò, nel 1945, la piazza Carlo Sanna (cui era intitolato anche il liceo scientifico) – e si trattava nientemeno che di “babbu mannu”, cedutosi poi anche lui a una poltrona “primiera” nel nuovo Tribunale speciale. La ribattezzò Antonio Gramsci, e la cosa aveva senso.

Dunque da noi mancano i riconoscimenti alle minoranze azioniste e sardo-repubblicane che hanno fatto la patria, hanno combattuto nella guerra di liberazione e per la repubblica, con la partecipazione dei militanti comunisti (che pur erano stalinisti!) e di quelli socialisti (anch’essi dogmatici per tanti aspetti), con il concorso anche di democratici monarchici e altri di fede cattolica. Da loro venne la Costituzione: da loro venne la Costituzione repubblicana, non da chi oggi vanta epigoni che ignorano o forse disprezzano la storia.

Quanto s’è faticato, a Cagliari, per intitolare una strada a Cesare Pintus! ma Francesco Fancello è ancora ignorato. Si tace il nome di Ugo La Malfa cagliaritano e di Titino Melis. A Is Bingias-Terramaini una piazza fu intitolata, nel 1975, a Giovanni Medas “patriota e martire della resistenza” (così nella delibera comunale). Io l’ho conosciuto sempre come Giuseppe, combattente azionista, come azionisti di Giustizia e Libertà erano i più dei sardi finiti alle Fosse ardeatine – come Gavino Luna, come Salvatore Canalis, come Giuseppe Medas – Giuseppe Medas! nascita in Narbolia – come azionista era Lussu ed erano, con lui Fancello e Siglienti e Pintus e Ugo La Malfa e anche, d’impronta sardista, Titino Melis. Che i consiglieri comunali che al PSd’A (o al presidente Solinas) dicono di riferirsi neppure conoscono, sennò non si sarebbero imbarcati con i fasciomori, almeno per gusto e rispetto alla memoria dei padri.







(A proposito di toponomastica, e riferendomi ai vari dossier che negli anni ho vanamente trasmesso al Comune di Cagliari: la via Todde va intestata Giuseppe Todde – già rettore dell’università – invece che a Francesco Todde; la colonna che reca il busto bronzeo di Giuseppe Verdi – opera di Pippo Boero che fu autore anche del busto marmoreo di Giovanni Bovio, nello stesso square collocato, in faccia al cantiere del municipio bacareddiano) deve correggere la data riportandola a quella esatta che aveva prima degli scombussolamenti della guerra: 1901, non 1911. Anche questo, qualcosa come dieci o quindici anni fa, e a più riprese, avevo segnalato al Comune).

***


Scrivo queste note mentre continuano a giungere, drammatiche, le notizie da Kiev e dalla Ucraina tutta. Sia maledetto chi ha scatenato l’inferno ed ha provocato la morte e la sofferenza di tanti innocenti. (Ed ancora una volta abbiamo la plateale dimostrazione della nullità liberale degli esponenti della destra italiana, pagana e imbrogliona, da cui insistenti sono venuti, negli anni, gli accarezzamenti ad un pericoloso dittatore nato).



Fonte: Gianfranco Murtas
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