Lo scorso 20 marzo, nel suo prezioso sito chiesasarda.it, Paolo Matta – che ben conosce, per esperienza di vita oltreché per studio, il mondo ecclesiale nazionale e sardo in specie e le sue dinamiche – è, ancora una volta, intervenuto sul “caso Becciu” con il seguente articolo:
C’era grande attesa per le prime dichiarazioni in aula del cardinale Angelo Becciu, in un processo che lo vede imputato, ma anche già condannato prima della sentenza privato com’è delle prerogative e dei diritti del cardinalato. Con l’aggravante che, in questo affaire, il primo ad essere incriminato è stato quel monsignor Alberto Perlasca, diventato poi il grande accusatore di Becciu, che – stranamente – non subirà alcun processo.
Per la prima volta – da quella drammatica conferenza stampa all’indomani dell’altrettanto drammatico colloquio con Papa Francesco, era il 24 settembre dello scorso anno, nel corso del quale aveva rimesso nelle mani del Pontefice ogni suo incarico in seno alla Chiesa – don Angelino, come tutti continuano a chiamarlo a Pattada, rompeva quel silenzio, tutto evangelico ma anche tutto sardo.
«Ci sono volute dieci udienze» - ha scritto il quotidiano della CEI Avvenire – «ma finalmente il processo vaticano sui presunti illeciti intorno alla compravendita di un immobile a Londra è entrato nel merito dei fatti contestati. Interrogato in merito alle somme inviate alla diocesi di Ozieri per finalità caritative, prima di rispondere alle domande del presidente del Tribunale, Giuseppe Pignatone, monsignor Becciu ha reso una dichiarazione spontanea in cui ha riaffermato la sua innocenza, definendo le accuse che gli sono state mosse «assurde, incredibili, grottesche, mostruose», solo desiderando «che la verità venga al più presto proclamata».
«Lo devo alla mia coscienza» – ha sottolineato –. «Lo devo ai miei antichi collaboratori, a tutti gli uomini della Curia, alle comunità ecclesiali che mi hanno conosciuto come delegato del Papa per la beatificazione di numerosi servi di Dio e nei numerosi Paesi che ho servito nel corso del mio servizio diplomatico. Lo devo ai miei familiari. Lo devo alla Chiesa intera. Lo devo soprattutto al Santo Padre, che – ha rivelato – recentemente ha dichiarato di credere alla mia innocenza».
Quanto alle somme che gli vengono contestate (125mila euro dei fondi della Segreteria di Stato, dopo che lo stesso cardinale aveva prestato alla Caritas di Ozieri iniziali 100mila euro, ma tratti dalle sue sostanze, 50mila dei quali lasciati come donazione per un progetto «nel quale credo», ha sottolineato Becciu) la spiegazione è stata la seguente: «I 25.000 euro nel 2015, richiesti dall’allora vescovo di Ozieri, servirono a far ripartire la produzione di un panificio, promosso dalla Diocesi, d’intesa con la locale Caritas, andato distrutto in un incendio, grazie al quale oltre quindici lavoratori svantaggiati sono in grado di sostenere, da anni, sé stessi e le loro famiglie».
Il secondo contributo, «per 100.000 euro nel 2018, fu erogato, sempre a fronte di richieste del Vescovo di Ozieri, per sostenere la costruzione di un centro polifunzionale, denominato “Cittadella della carità”, finalizzato a ospitare, fra l’altro, uffici Caritas, assistenza agli anziani e ai profughi». I lavori di realizzazione sono partiti il 28 febbraio scorso per un costo che supera il milione e 300mila euro. Gli avvocati Viglione e Marzo hanno aggiunto: «Tutto quello che il Cardinale sostiene è documentato da atti che abbiamo già provveduto a depositare».
Osservazioni
Come Matta anche io, magari più modestamente, sono intervenuto più volte sulla vicenda osservando tre cose soprattutto:
1 la parzialità delle informazioni, atteso che nessuno di noi “gran pubblico” (ancorché pubblico interessato e “competente”) conosce le carte processuali, se non nelle sintesi e anche secondo gli approcci soggettivi che qualche organo di stampa ci ha offerto fin qui: ciò vale per entrambe le stupidissime categorie (autocertificatesi tali) degli “innocentisti” e dei “colpevolisti”;
2 l’accredito di base e preliminare della buona fede dell’imputato cardinale Angelo Becciu, atteso che chi ogni giorno dice messa, vale a dire consacra l’ostia, vale a dire relaziona misticamente con il Cielo, dovrebbe essere dissociato, o malato di mente, a voler sporcare impudentemente l’abito spirituale che indossa come vocazione di vita e militanza esperienziale;
3 che indubbia resta la gestione scandalosa delle finanze vaticane, fra speculazioni azionarie, finanziarie ed immobiliari in mezzo mondo, depositi e transazioni in paradisi fiscali e quant’altro possa essere pratica di mercanti a nulla rispondenti per mancanza perfino di una coscienza indicativa ed interrogante, sicché, quando anche salvata sia la buona fede (cui personalmente credo fermamente), resta la responsabilità istituzionale, e religiosa, di aver servito l’obiettivo malaffare.
A me pare – ma naturalmente posso sbagliarmi – che questa impostazione risponda in pieno alle ragioni della equanimità, al rispetto della Chiesa in quanto tale e dei suoi ministri nella loro personale umanità oltre che nei loro ruoli operativi, e sia risposta anche all’inovviabile bisogno di trasparenza che, tanto più in campi ispirati da regole morali e religiose, sale dalla coscienza pubblica e comunque e in primo luogo dei santi che partecipano, con la loro fatica del vivere, con la loro povertà nel quotidiano, con la loro bontà nel pensiero e nelle relazioni, a migliorare la società anche attraverso il miglioramento della Chiesa come comunità sociale volta alla comunionalità.
Non saprei chi, ma certamente non io, potrebbe anche scendere nei dettagli giuridico-giudiziari di una vicenda complessa (compresi gli aspetti ozieresi), o chi potrebbe derubricare o, al contrario, caricare di maggiori imputazioni un dignitario ecclesiastico di alta esperienza come il cardinale Becciu (al quale, come altre volte ho scritto, vicende di vita mi hanno riportato in anni lontani e verso cui ho un atteggiamento di personale simpatia: fu fra i firmatari pro-casa e fra i volantinanti del 1972 ancora da chierico a Cagliari, fu mio “ponte” fra la famiglia Melis e suor Geltrude Filindeu in Angola, fu mio conversatore a Roselle nel 2015 quando fui io a promuoverlo cardinale prima che il papa).
Ma quello che manca, secondo me, nelle riflessioni di Matta più volte espresse su questa delicata materia è l’attenzione alla questione vera e di fondo che il “caso Becciu” ha rivelato o ha posto in capo ai turbamenti di chi vorrebbe vedere esempi e testimonianze, per convertire se stesso in esempio e testimonianza. Vale a dire l’assurdità scandalosa, e tanto a lungo protratta, della connivenza vaticana al malaffare internazionale, dai tempi dello IOR e della P2, dell’Ambrosiano e anche di prima, di molto prima.
Noi che pure non contiamo nulla (né la cosa ci dispiace) nella società come anche nella Chiesa assembleare dobbiamo mostrarci cauti, santamente prudenti, nei giudizi ma insieme dobbiamo – o dovremmo – sentirci impegnati, nella logica del sì sì no no, a chiedere ed ottenere pulizia e trasparenza, e magari cooperare all’azione di bonifica, evitando di divenire passivi soldatini, militanti del partito dei più realisti del re (a rischio di clamorosa futura documentata smentita).
Nei giorni scorsi il giornale a fronte di un paginone destinato alle non-nozze del principe Berlusconi ha ritagliato e dedicato due microcolonnine alla bozza della riforma della Curia vaticana che sarebbe ispirata al recuperato criterio fondamentale della missionarietà. A mio avviso un tale documento, per la portata storica dell’evento che tanto intensamente corrisponde alle ragioni per cui al cardinale Bergoglio venne affidata, nel 2013, la responsabilità della guida della Chiesa cattolica in successione a papa Benedetto XVI, avrebbe meritato il maggior spazio dedicato alle non-nozze del padrone di forza italia, già fidanzato di Putin e già candidato al Quirinale. 85enne il protagonista di una scena, 85enne il protagonista dell’altra scena. Questo sì mi ha colpito, dalle brevi didascalie delle immagini fotografiche di corredo… due vite diversamente orientate, e tali da suggerirmi, al galoppo, lo schieramento di preferenza.
Ecco qui: benché ridotta nello spazio offertale dal giornale, l’iniziativa di papa Francesco mi era sembrata andare in quella direzione di servizio diretto alla causa evangelica che la storia, con le sue incrostazioni, aveva via via appannato nella concreta operatività vaticana e del cui merito (o demerito) il cardinale Becciu (e altri insieme con lui, parigrado e collaboratori, magari anche superiori e nel tempo!) non ci aveva donato mai la sua riflessione critica, sostenendoci nella nostra presa di coscienza e nella nostra matura responsabilità personale e non delegabile.
Questa mi è parsa e mi pare la questione centrale cui mirare la nostra riflessione, fuori dalle tifoserie senza senso.
(In quanto a Ozieri, un’altra volta ancora sarà da dirsi la piena fiducia, nel maggior paniere, alla correttezza del vescovo Corrado Melis: sardarese della patria di fra Lorenzo, mogorese delle illuminazioni del miracolo eucaristico, villacidrese della socialità secolare di Santa Barbara, egli ha portato al seggio dell’Immacolata Concezione di Ozieri e direi anche alle sedi di Sant’Antioco di Bisarcio e della Madonna di Castro il meglio che dal Medio Campidano la Sardegna poteva regalare al nord religioso isolano).
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Scrivo queste note mentre continuano a giungere, drammatiche, le notizie da Kiev e dalla Ucraina tutta. Sia maledetto chi ha scatenato l’inferno ed ha provocato la morte e la sofferenza di tanti innocenti. (Ed ancora una volta abbiamo la plateale dimostrazione della nullità liberale degli esponenti della destra italiana, pagana e imbrogliona, da cui insistenti sono venuti, negli anni, gli accarezzamenti ad un pericoloso dittatore nato).