“Il cielo in una stanza”, la bellissima canzone che Gino Paoli compose nel giugno del 1960 e portata a strabiliante successo da Mina, tanto da occupare per molti mesi i vertici della hit parade italiana (dal settembre al dicembre 1960 al primo posto) piaceva a tutti, o quasi, tra questi aveva un competente estimatore in Giovanni M., organista ufficiale della Chiesa parrocchiale di Sant’Anna, a cui era affidato il magnifico organo, nuovo di zecca, ricostruito al posto dell’originale andato distrutto, con i fondi dei danni di guerra che la chiesa aveva pesantemente subito nel corso dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Non ricordo in quale anno, probabilmente tra il 1960 e il 1963, Giovanni, travolto dalla passione per la canzone di Paoli e sicuramente anche per Mina ( la tigre di Cremona, città natale di Giovanni), la eseguì durante la Messa, precisamente durante la distribuzione della Comunione ai fedeli. L’organista aveva ben camuffato la canzone armonizzandola con motivi musicali religiosi. Il parroco, il mitico e severo mons. Pasquale Sollai – pensava Giovanni – sicuramente non si sarebbe accorto di nulla. E, invece, il nostro sottovalutò che la profonda cultura musicale del parroco si estendeva dalla musica religiosa a quella leggera delle canzonette. L’esecuzione della canzone fu comunque apprezzata dai fedeli, da quanti non capirono di cosa si trattasse a quanti la riconobbero subito, come inequivocabilmente i giovani presenti alla Messa. In conclusione, mons. Sollai, che aveva ben riconosciuto la canzone nonostante il camuffamento, aspettò l’organista al varco, in sacristia, e, davanti a tutti i presenti, che non erano pochi, gli fece un severo cicchetto, sottolineando che non avrebbe nel futuro tollerato simili “contaminazioni profane”. Alzò perfino la voce il parroco, come era solito fare quando era adirato. Le sue sfuriate erano temute da tutti. Ma, in questa circostanza, sotto sotto, ho la convinzione che la cosa non gli dispiacque, per il semplice fatto che dimostrò di conoscere bene e presumibilmente apprezzare la canzone di Paoli, forse anch’egli conquistato dalla grande Mina, all’epoca criticata dai benpensanti per le sue sacrosante personali scelte di vita. Ma questa è un’altra storia.
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