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Giornalia

“Fra altare e cattedra”, un libro di testimonianze sulle fatiche di vita e studio di don Tonino Cabizzosu

di Gianfranco Murtas

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È appena uscito, per le cagliaritane edizioni EDIUNI promosse da Andrea Giulio Pirastu, editore anche della piattaforma on line Giornalia, un bel volume che, se supera le 260 pagine e porta anche un corposo repertorio fotografico, non è certamente soltanto nel suo spessore, cioè nella sua pur egregia materialità, che vanta i propri meriti, ma piuttosto nella singolare e gustosa polifonia delle voci chiamate a comporlo con intelligenza, misura, direi eleganza, e con la forza dell’imprinting delle esperienze affacciate in confidenza e per testimonianza pubblica. Il libro – Fra altare e cattedra. Cinquant’anni di missione di vita di un prete-professore – è il racconto di un vissuto, fra privato e pubblico, del goceanino illoraese don Tonino Cabizzosu (eliminiamo una volta per sempre, o tutte le volte che sia opportuno, e cioè sempre, in Sardegna, questi barocchismi, di remota derivazione perfino avignonese, dei “monsignore” magari per tornare al trionfo della sobrietà, all’evangelico e conciliare patto delle catacombe del 1965), storico e accademico di gran riguardo e immensa produzione scientifica, oltreché presbitero “di campagna” – della campagna sarda nobilissima e fertilissima –, così come fu, fra gli altri, un suo padre e predecessore nei campi di Berchidda, intendo don Pietro Casu, babbai Pedru Casu, da lui stesso tante volte celebrato.

Compaesano di don Damiano Filia, eccellente capitolare turritano e anche vicario generale della diocesi di Sassari nonché autore della monumentale e preziosa La Sardegna cristiana (uscita nei suoi tre volumi fra il 1909 e il 1929, l’anno del terribile Concordato) e cofondatore del periodico Libertà, arrivato ora al suo 125° anno di uscita, don Cabizzosu ha insegnato storia della Chiesa per ben 35 anni alla Pontificia Facoltà di Teologia operante in Sardegna dal 1927 – fino al 1971 nella sede cuglieritana, e in quest’ultimo ultracinquantennio, in sciolta combinazione con il seminario regionale, a Cagliari. Ha così formato – per la parte di competenza (se mai nella docenza scolastica o universitaria una competenza possa essere radicalmente separata da altra competenza) – centinaia di nuovi preti ora in servizio nelle diverse parrocchie dell’Isola e di fuori, e naturalmente un numero crescente, negli anni, di laici molti dei quali impegnati poi nell’insegnamento catechistico e/o anche pubblico nei quadri del sistema scolastico nazionale.

A tanto don Cabizzosu ha unito la direzione di importanti strutture di custodia documentale, e naturalmente di ricerca interne alla giurisdizione ecclesiastica – così a Cagliari come ad Ozieri, fra Archivio Storico e beni culturali consegnati al Museo o alla Biblioteca (così, in ultimo, nell’asset culturale della Chiesa già bisarchiensis) –, la partecipazione ad attività convegnistiche di studio, una produzione giornalistica che forse supera ormai i tremila pezzi apparsi sulle più varie testate, a partire dal prestigioso L’Osservatore Romano alla domestica e sempre vitalissima ed impegnata Voce del Logudoro, e una impressionante “fabbrica” di libri destinati a rimanere nel tempo per la originalità degli scavi nelle fonti non ancora esplorate, la elaborazione critica (secondo la scuola dei Martina radicatasi alla Gregoriana, che tende ad associare la storia ecclesiale a quella sociale, prima che istituzionale) e la fluidità della scrittura. Va detto: quella fluidità di scrittura che è capace di accogliere e non di… spaventare i lettori quidam e, sempre più, crescenti di numero, che sempre s’accompagnano ai dotti i quali, con i titoli nuovi – ora biografie ora passaggi evenemenziali – vogliono implementare i propri patrimoni di conoscenza, ora per stoccarli nei loro depositi didattici ora per farne utile e sapida integrazione dei propri lavori a stampa magari in fieri.

La pastoralità religiosa, nei termini insieme elementari e complessi tesi ai giusti equilibri o alle giustificate compatibilità fra lo specifico identitario – quello di territorio – ed il respiro cattolico, universale cioè, ha accompagnato, in quanto parrocati svolti presso minori comunità rurali (Bottida dopo Berchidda e Illorai stessa, Ittireddu dopo Ardara), la fatica della cattedra cagliaritana e delle delicatissime responsabilità archivistiche. Potrebbe anzi dirsi che l’intellettuale nasce come fronda dal tronco vocazionale del prete e dall’esperienza della cura animarum nell’ordinario quotidiano trae energia per darsi con frutto in campi anche apparentemente lontani da quelli del modesto campanile di paese, tanto presso la cattedra universitaria quanto nelle sedi, laiche o religiose, di conferenze diligentemente preparate (e verrebbe qui di citare qualche puntuale osservazione di don Giovanni Ortu – che fu intellettuale “a molte stelle” – a proposito del citato babbai Pedru Casu «pensatore e apostolo» celebrato in un articolo del 1954 su L’Eco del Regionale, il periodico del seminario cuglieritano spogliato con rigore scientifico da don Cabizzosu e dettagliato nel secondo volume della bella tetralogia da lui dedicata proprio alle quarantennali sessioni formative del giovane clero riunito nel Montiferru. E di più, tornerebbe utile quella giudiziosa postilla dell’indimenticato padre Egidio Boschi S.J. che, sullo stesso L’Eco del Regionale, valorizzava la dimensione culturale come «base essenziale dell’apostolato» o, secondo Cabizzosu, proiezione «all’evangelizzazione dei tempi nuovi»).


Un fiume di riconoscimenti

La curatela e l’editrice stessa che ha promosso questo indovinatissimo Fra altare e cattedra hanno raccolto ben 95 cordialissime, perfino affettuose testimonianze provenienti da numerosi centri dell’Isola – né soltanto da Cagliari (sede insieme centripeta e centrifuga di energie intellettuali e spirituali!) o dal Logudoro e nativo Goceano, ma anche dall’Ogliastra e dall’Oristanese, dalla Barbagia e dalla Gallura, dal Sassarese e dalla Planargia – e perfino del continente e della Sicilia riuscendo, con evidente abilità compositrice di cui è prova l’indice con le sue scansioni e di tempo e d’ambiente, a dar brillante risalto musivo ad una vita “mossa” e feconda ad ogni sua stazione.


Un libro dedicato a don Cabizzosu - La Nuova Sardegna 


«A tie ti chircant minores e mannhos / acumpantzalos che bonu pastore / meichina durche a cata dolore / ti vardiet Deus nessi pro chent’annos» canta un poeta, e un altro: «Dispensadore de su Pane Celestiale, / De perdonu a su peccadore addoloradu; / Pastore de sas animas ispeciale, / A s’ama de su Signore affezionadu; Animadore de comunidades parrocchiales, / Cunforru de s’omine isconsoladu, / De sacerdotes formadore paternale, / A laicos e famiglias dedicadu». «Spiccano i tomi sapienziali / E ciascuno con la sua unicità / Il suo argomento, la sua dottrina. / Un’anima devota vi accudisce / Ad ogni alba e nelle lunghe notti / Con amor di fine ricercatore / E animatore d’infinita fede. / Si sofferma dove parol regna / E dove l’intelletto governa / Nel disciplinare assunti ed epoche / Senza che un sol filo si smarrisca / O che una pagina perda il segno», conclude un altro ancora ammirato dalla biblioteca sapientissima intitolata a Giuseppe Agostino ed a Mattia ora in benedizione…

L’apertura introduttiva che, di lato alla ricostruzione della genesi del volume, opportunamente ha anche insistito, in lunghe e analitiche pagine, sulla quasi cinquantennale produzione bibliografica del Nostro, e le note biografica ed editoriale che, da presso, hanno insistito l’una specificando la singolarità umana, intellettuale e ministeriale di Cabizzosu e l’altra la… virtù propiziatrice che il titolo in presentazione a lui dedicato – appunto Fra altare e cattedra – pare assumere verso la nuova collana Byblos, tutto ciò è sembrato giusta premessa all’ordinato rilascio dei contributi piovuti, come flusso… gentilmente impetuoso da ogni parte, da vescovi ed amici – un popolo gli amici! –, confratelli presbiteri (missionari e postulatori di cause di canonizzazione inclusi) e colleghi professori, madri superiori di famiglie religiose e affezionati lontani utenti dei servizi dell’Archivio Storico Diocesano oggi intitolato al compianto arcivescovo Ottorino Pietro Alberti, amministratori locali ed ex studenti di facoltà, giornalisti ed esponenti dell’associazionismo, dirigenti scolastici e musicologi, storici dell’arte e altri ancora… Nel novero, prima e necessaria, volta a dare come una rappresentazione plastica del sommerso familiare, la commossa testimonianza di un nipote che celebra, nella verità sentimentale, «un cuore grande che non si è mai stancato di donare».

Eccoli così i capitoli del libro nella loro successione: Legami con la famiglia, con la terra natia goceanina illoraese, con la diocesi di Ozieri; Gli anni di studio a Lanusei, Cuglieri e Cagliari; L’esperienza pastorale a Berchidda (1975-1980); Gli anni di formazione a Roma (1980-1984); L’attività di docenza alla Pontificia Facoltà Teologica Sarda intitolata al Sacro Cuore (illustrata da colleghi e da allievi); L’esperienza pastorale a Bottida (1986-1995); La direzione dell’Archivio Storico Diocesano di Cagliari (1996-2014); L’esperienza pastorale ad Ardara (2014-2016) e quella, immediatamente a seguire ed ancora attuale, ad Ittireddu; L’ufficio di Vicario episcopale per la cultura nella diocesi di Ozieri, tuttora, ed ormai da 23 anni, attivo (perché voluto e/o confermato dai vescovi Sebastiano Sanguinetti, Sergio Pintor e Corrado Melis).


Altrettanto ricca è la seconda parte del libro in cui i partecipanti, fuori da più strette categorizzazioni, liberano definizioni che, sovente al limite del lirismo, danno di don Tonino Cabizzosu una rappresentazione assai profonda e giustificata dalla rivelazione anche di aspetti sconosciuti, lodevoli e direi esemplari, della sua giornata… Ecco così, nello spontaneo florilegio, proporsi un “Promulgatore della teologia della Memoria”, “Il Clavigero della Chiesa sarda”, “Generoso valorizzatore degli studi altrui”, “Un vero e proprio faro per la cultura religiosa sarda”, “Scopritore dei tesori missionari”, “Perfetto conciliatore fra macro e microstoria”, “Persona che è stato un dono incontrare”, “Ricercatore a tutto campo, pieno di curiosità e di progetti”, “Salesiano nello spirito”, “Samaritano operoso”, e ancora sinergico e “integerrimus”…

Volutamente mi astengo dal citare anche soltanto uno dei molti che non hanno voluto mancare alla convocazione. Valga per tutti, perché richiamato nella bella e capitale copertina, l’arcivescovo – anche a me carissimo – Paolo Carta, che il 2 agosto 1975 impose le mani sul capo del ventiquattrenne diacono di Illorai.

 



All’arcivescovo Carta, insieme proprio con Tonino Cabizzosu, avevo dedicato un libro di ricerca e studio (conferendovi anche qualche importante inedito biografico) edito pure quello, nel 2019, da EDIUNI. Esso era venuto come a saldare un debito di amicizia e ammirazione – nonostante tante e tante (mie) distanze – cui peraltro già m’ero appressato, ancora insieme con don Tonino e il caro padre Salvatore Morittu e l’indimenticato dottor Enrico Marongiu, riservando alla memoria del presule serdianese ogni cura in una bella serata che, nel 2006, voleva suffragarlo nel decennale della morte. Fu nei locali del seminario diocesano di Cagliari. Con il prefetto Marongiu don Paolo aveva condiviso le giovanili esperienze associative dell’Azione Cattolica anche nei tempestosi anni del regime; al padre Morittu egli, allora ancora al governo della diocesi di Sassari, aveva concesso il comodato della tenuta di S’Aspru per la seconda comunità di vita del circuito di Mondo X; a don Tonino aveva imposto quelle mani sul capo, indirizzandolo e autorizzandolo a farsi, spendendo il nome della Chiesa, strumento della Provvidenza, sempre e comunque, ora all’altare (e nelle case) ora alla cattedra.


Fonte: Gianfranco Murtas
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