In morte di Fausto Oggianu, medico e galantuomo. Venerabile massone e poeta e pittore
di Gianfranco Murtas
Ad Andrea Giulio Pirastu - Cagliari
Caro direttore,
ti pregherei di pubblicare i testi che ti trasmetto per onorare la memoria del dottor Fausto Oggianu oggi scomparso: medico chirurgo di grande professionalità ed esperienza per lunghi anni operativo nella sanità pubblica sarda, militante con generoso cuore di medico anche nel tempo della sua riflessiva quiescenza, già Maestro Venerabile d’obbedienza giustinianea in Cagliari, amico al quale mi legò da quarant’anni un rapporto di fraternità sviluppatosi nei campi fecondi e sociali dell’umanesimo, della religione, della Sardegna madre nostra amata e servita anche nella politica, nella letteratura e nell’arte.
Associandomi, in comunione di sentimento, a quanti nel mondo lo hanno stimato ed amato con giusta e santa intensità, pregherei dunque oggi Giornalia di riproporre per esteso i due articoli che a lui e al suo genio dedicai anni addietro, in data 31 agosto 2021 e 2 agosto 2022 per la precisione. Furono tempi, quelli, guastati da fenomeni non commendevoli esplosi, nel mezzo delle generali diserzioni, all’interno e d’intorno al cagliaritano palazzo Sanjust, ma sempre, e anche allora, carezzai e continuai a carezzare, in virtuosa reciprocità, la familiarità sincera con i buoni, seminata nelle intenzioni e sbocciata nelle circostanze più feriali.
Abbracci, gianfranco murtas
Poesia in loggia, poesia della loggia. Oggianu, Tedesco, Giagoni… e quanti altri creativi dal cuore leggero e generoso!
di Gianfranco Murtas
Mar 31 Ago 2021
Figure e strumenti geometrici
quali Squadra
e Compasso
E poi Parole
e Principi importanti, come Libertà, Uguaglianza e Fratellanza
Dubbio e Verità
E il pensiero che vola
libero...
Il Libro Sacro e le Luci
I Betili, metaforicamente, volti
ad Oriente
E gli "Animi", come protetti da un grembiule, simbolicamente uniti in catena
Ed il nuraghe, talvolta, Tempio Sacro
Questo sì che è novità
Ma quando?
dove?
perché?
per chi?
Solo mistero...
Sono i versi di una delle 272 composizioni che Fausto Oggianu De Riu – medico chirurgo (generale, vascolare e urologo) adesso nella riserva con i suoi 83 anni felicemente ancora tutti creativi – ha pubblicato or non è molto sotto il titolo di Poesie per una vita, con dotta prefazione del professor Duilio Caocci. Un libro presente nelle librerie e anche nelle edicole: 320 pagine che raccolgono non soltanto i versi delle sue liriche, ma anche quattro brevissimi racconti (un vero capolavoro l’autobiografico Era sempre solo) ed una ventina di foto dei suoi quadri migliori, ora oli su tela ora acrilici su carta. Fausto Oggianu De Riu: un chirurgo poeta, narratore, pittore (con molte mostre personali e collettive alle spalle), né soltanto questo: anche amministratore pubblico, anche sindaco, per molti anni, della sua patria elettiva (e di origini familiari) – Magomadas, 600 abitanti insediati su un territorio antico che declina da una modesta altura alle spiagge del mare di Sardegna. Ufficiale al merito della Repubblica Italiana è stato anche Maestro Venerabile della loggia che lo aveva accolto giusto quando Armando Corona cominciava a… scalare le responsabilità nazionali del Grande Oriente d’Italia. E alla sua loggia, ai suoi Fratelli – e Fratelli s’intitolano anche i versi che ho sopra riprodotto – egli ha dedicato anche due gustose pagine – direi all’apparenza descrittive e invece, al fondo, tutte impressioniste – del suo libro. Titolo: L’agape di luglio.
Fausto Oggianu De Riu
Eccone il testo:
Eravamo arrivati tutti contenti, sorridenti, con una gran voglia di ridere, di giocare, di manifestare il piacere di stare insieme, di bere, di mangiare. L'ambiente era piacevole e una leggera brezza sembrava voler portare un po' di refrigerio dopo una giornata accaldata di sole, afosa, densa di umidità. Il sole di luglio, il caldo dell'estate e, insieme, la necessità di evasione e di libertà, ci avevano trasmesso il desiderio di una sorta, quasi, di trasgressione.
Francesco aveva una camicia variopinta. Era allegro, come al solito, e salutava tutti con il suo vocione simpatico e ammiccante.
Aveva voluto subito un aperitivo colorato, rosso, e lo aveva offerto a tutti noi. Antonio sembrava godere di una felicità trasmessa e contagiosa insieme; salutava tutti, quasi con eccitazione, felice della compagnia.
E poi Alessandro, Massimo, Pier Luigi, Renzo, Pierpaolo, Celestino, tutti con grande euforia e felicità.
Il "Vermentino" ghiacciato, gli antipasti, un primo gustoso, il pesce fresco, la grigliata.
E Paolo, seduto accanto a me, piacevolmente sorridente, felice per i recenti successi dell'Italia del pallone, desideroso di gioire con gli altri, di brindare con tutti e per tutti, che raccontava gli episodi di caccia, le corse, le emozioni, le "poste", parlando sempre ad alta voce.
Si rivolgeva a Severino, anche lui cacciatore, ma forse, al momento, il più composto, un po' a disagio per il caldo, ma comunque felice per l'incontro. E Chicco, Gianfranco, Marcello, Carlo, Giancarlo, Sebastiano.
Tutti festosi.
Propongo un brindisi e poi un altro, e un altro ancora. Ai presenti, agli Assenti giustificati (Antonio, Michele, Ninni), alle nostre Famiglie. Salute, Fuoco...
E poi il Vino Rosso, il Porcetto, il Gelato, il Caffè, il Mirto di Sardegna, lo Spumante di Malvasia, di Bosa...
Ci si ritrova uniti in una sorta di "Catena di Amicizia" che dà energia, in piacevole compagnia.
È un ritrovo gioioso, con una sensazione, quasi, di fraterna unitarietà di intenti e di sentimenti.
Anche le cose semplici, in una situazione come questa, assumono un valore quasi simbolico, e tutti ne vengono coinvolti.
Sembra di essere in un mondo nuovo, in parte sconosciuto, certamente non frequente, non riservato a molti.
Il potere di "invenzione" e la "capacità di ritrovarsi" di un gruppo può riuscire, talvolta, a comporre un qualcosa di diverso, di vario, di meraviglioso e, insieme, di estremamente piacevole.
Si possono dischiudere, quasi, le porte di una realtà nuova, intrisa, almeno in parte, anche di una certa spiritualità, che, per una sorta di "allucinazione", sembra capace di sovrastare quella di tutti gli altri giorni. Si tratta, certamente, di una particolare disposizione dell'animo che, in certe occasioni, può permettere, ai componenti del gruppo, di ritrovarsi immersi insieme, quasi coinvolti, come in un sogno, in una atmosfera su cui sembra aleggiare un alone misterioso ricco di contenuti profondi e nel contempo di una vivacità nuova e gioiosa.
E grazie al potere dell'amicizia fraterna ciascuno sembra poter avere la capacità di rinnovare la propria visione del mondo, di far rinascere in sé nuovi principi di fiducia, di volontà di agire, di capacità di affetto, di comprensione, di solidarietà e di amicizia sincera, di sentimenti, insomma, profondi e di grande valore umano.
È notte alta. L'ultimo brindisi Ancora Auguri. Buone Vacanze. Salute, Fuoco...
Le voci un po' smorzate. La Gioia, i Saluti. Un po' di malinconia.
Ciascuno custodisce in se stesso il proprio Io, una "casa propria", a cui tiene molto e che ama, ma tiene molto ed ama anche quella dei propri amici fraterni, pur essendo, ovviamente, ciascuna di essa, autonoma, libera, diversa.
È questo un sentimento che può dare un rinnovato impulso al mondo ed alla vita stessa.
Arrivederci. A domani. Alla prossima...
Se non fosse intervenuta la disgraziatissima pandemia si era avuta l’intenzione di presentare questo bellissimo libro che è da leggersi come la confessione di un’anima sarda attraversata dal senso dell’universalità e mossa dalle più pure pulsioni di relazione (e tanto più quelle affettive familiari!), in una sala di palazzo Sanjust, a Cagliari. E arricchire la manifestazione anche con la esposizione di alcune delle opere pittoriche di Fausto Oggianu. Chissà, tutto è stato, ed ancora è rinviato a una data possibile… Troveranno il modo, i Fratelli giustinianei – in specie quelli della Hiram –, di dargli il proprio riconoscimento… riconoscimento rinnovato e ammirato!
Antonio Tedesco
Molti anni fa dedicai alcune pagine di un grosso volume ad Antonio Tedesco, passato all’Oriente Eterno nel 2000, quand’era Maestro Venerabile della loggia sassarese Gio.Maria Angioy.
Con lui ero stato in corrispondenza molti e molti anni prima, anche se non ebbi occasione di incontrarlo mai: e comunque ero stato in condizioni di poterlo biografare per le necessità di alcune pubblicazioni riguardanti la Libera Muratoria del Capo di sopra.
Di nascita calabrese, in Sardegna dal 1949, giuntovi come sottotenente di complemento, aveva fatto famiglia a Sassari. Uomo di scuola, docente di lettere, poi preside ed ispettore scolastico, impegnato nel sindacato di categoria e nella politica con i democristiani – tanto da essere eletto in Consiglio regionale nella VII legislatura.
Alla fine del 1983 incappò, con numerosi altri dirigenti dell’amministrazione scolastica regionale e provinciale, in guai giudiziari (per la gestione di alcuni concorsi interni) che si tradussero perfino in una detenzione preventiva di alcuni mesi. La drammatica situazione, affrontata con dignità esemplare, fu lo spunto… paradossalmente felice per l’esternazione, da parte sua, di un complesso e profondo lavoro di scavo morale documentato da una cinquantina di composizioni poetiche riunite nel 1985, e date alle stampe, sotto il titolo Canti dalla galera.
Chi conosce, come me, il mondo del carcere ne scorge i tratti ispirativi nei passaggi, tremendamente ciclici, dei luoghi e dell’orologio quotidiano…
Non sei un fratello di sangue
ma ti sento sempre vicino
a ricordarmi in ogni momento
che non sono pietra grezza.
Mi hai dato esempi sublimi
che illuminano la vita
mentre con ardua fatica
cerco di levigare me stesso.
Tu credi come me
che la strada percorsa è pulita
anche se il fango e la melma
hanno lambito le mie orme.
Dobbiamo guardare con fede
alla luce calda della tolleranza
che vuole anche dire perdono
quando l’ingiustizia ci opprime.
Sono i versi titolati, significativamente, Non sono pietra grezza…
Così nella breve introduzione alla silloge che, non a caso, Antonio volle aprire con versi non suoi, ma di Kipling, l’autore di Loggia madre e di If… Se tu puoi trovarti nel trionfo / e nel disastro, senza gonfiare nel / primo e senza smarrirti nel secondo, / sempre uguale e padrone di te stesso… egli si confidava al lettore, conosciuto o meno, mettendogli in mano la sua anima senza ombra di infingimento. Eccole le sue parole:
Il 15 dicembre 1983, a tarda sera, sono stato arrestato nella mia abitazione dai carabinieri (dopo una lunghissima perquisizione) e “detenuto” nelle carceri di S. Sebastiano a Sassari per quattro mesi e nove giorni. Il 20 aprile 1984 mi è stata concessa la libertà provvisoria (dopo aver versato una pesante cauzione) e sono rientrato a casa provato nel fisico e nel morale.
Sulla soglia dei sessant’anni, dopo aver ricoperto numerosi e delicati incarichi di responsabilità (politici, sindacali, professionali), l’essere finito in carcere è stato molto amaro e terribile. Sono cadute, all’improvviso, le illusioni ed subentrata una profonda crisi interiore che ha rimesso in discussione i valori essenziali della vita in generale e della mia vita in particolare…
Ho vissuto l’esperienza del carcere, dura e terribile, con grande difficoltà morale e fisica ma senza mai perdere la Fede in Dio e la speranza e la fiducia nel prossimo… Oggi sento di non essere più l’uomo di prima! Non riesco più a trovare la serenità in un mondo, come il nostro, nel quale tutti (politici, sindacalisti, burocrati, magistrati, carabinieri, ecc.) si sentono i detentori in assoluto del vessillo della verità e della moralità. Sono svuotato e smarrito perché, fra l’altro, nessuno ricorda più i miei anni di durissima fatica, il mio passato di educatore e di lavoratore fatto di sacrifici, di sudore, di lotte in una terra che ho amato ed amo svisceratamente anche se sono nato altrove.
Da 36 anni vivo a Sassari ed in questa città, ricca di cultura e di nobilissime tradizioni, mi sono formato come uomo, come padre, come docente dirigente scolastico, come politico e sindacalista. Ho avuto la grande fortuna di avere tanti, tantissimi amici, in questi lunghi e fecondi anni di attività e, molti di essi, li ho ritrovati vicini nel momento del dolore e del bisogno: a questi Amici voglio umilmente dedicare la raccolta di poesie aggiungendo commosso alla dedica il mio più caro ringraziamento per la fraterna solidarietà…
Sono 44 le poesie riportate nel libro della Stampacolor. I titoli dicono tutto e quasi espongono – l’ho già classificata – una cronologia ciclica, ma anche registrano le svolte, piccole in sé grandi per l’impatto, verso le relazioni rafforzate e, talune almeno, perfino conquistate come per emancipazione. Eccole passim: …La ballata dell’arresto, Sono vuoto…, La mia anima piange, Preghiera nel carcere, Non essere triste amico, L’ora di aria, La messa in carcere, La rotonda, La mia pena sei tu libertà, I lavoranti del carcere, Il giudice, La posta in carcere, I liberanti, I colloqui, Natale in carcere, Sciopero della fame, La domenica nel carcere, La famiglia, Scende la sera nel carcere, Il risveglio in cella, Hanno carcerato la mia storia, Ad un compagno di cella, Primavera in carcere, Voglio vedere mia madre…, Un sogno in carcere, Colloquio con mia madre (al telefono con la Sicilia), L’osceno linguaggio del carcere, A tutti gli amici, L’avvocato, Non sono pietra grezza…, Sono libero!…
All’indomani della scomparsa così scrisse la vedova Maria Luisa Calvi ai Fratelli della loggia:
Miei cari Fratelli… Voglio ringraziarVi profondamente per l’affetto, la stima, il cordoglio che avete dimostrato e sentito nei confronti di Antonio Tedesco, mio compagno di vita per ben 43 anni… L’avevo incontrato a 18 anni ed era stato subito grande Amore. Insieme abbiamo sognato e lavorato intensamente con l’entusiasmo dei giovani per realizzare i nostri sogni, abbiamo combattuto tante battaglie, alcune terribili, e abbiamo sofferto e gioito. Insieme abbiamo allevato con tanto Amore due figlie e un nipote che lui adorava… Vi ho sentito veramente vicini in questo momento molto triste, Voi più di tanti altri che si definivano amici. La Vostra presenza e la Vostra partecipazione ha commosso molto me e le mie figlie perché siete stati veramente “Fratelli”, e vorremmo tanto che questo sentimento umano continuasse ad esistere fra noi anche negli anni a venire e che continuaste a considerarci, anche se lui non c’è più, parte della Vostra grande meravigliosa Famiglia. Se così fosse ci sentiremmo meno sole! In un altro momento doloroso della nostra vita, quello dell’incarcerazione, ci avevate già dimostrato il Vostro grande “Bene” aiutandoci, ed io Ve ne sono stata infinitamente grata. Ora, ancora una volta, ci avete dato un grande aiuto spirituale che ricorderemo sempre…
Per taluni aspetti, e nella diversità delle circostanze, sono parole che ben potrebbero associarsi a quelle che, poco più di vent’anni prima, a Cagliari, aveva indirizzato, ai Fratelli della neocostituita loggia Alberto Silicani, Angela Graniero vedova di quel titolare ancora ricordato e celebrato dal sentimento comune:
Carissimi Fratelli, ho appreso che una nuova Loggia è stata costituita sotto il nome di Alberto Silicani.
Con animo commosso rivolgo a Voi il mio pensiero nel dirvi grazie per aver voluto ricordare e onorare la figura di mio marito.
La sua vita fu tutta un inno d’amore e di fede, ricca di semplicità e di gioia, illuminata dalla speranza
anche nei momenti di maggior travaglio. Tutto questo fu possibile perché egli seppe rifuggire dalla lode degli altri e dalla vanità delle cose.
Che questo ricordo di Lui vi solleciti sempre nel quotidiano e difficile apprendimento del vivere massonico.
Con animo grato vi abbraccio tutti…
Ermanno Giagoni
Si fece sempre orgoglio onorevole della sua appartenenza alla Libera Muratoria, conosciuta ben prima che i giornali ostendessero le famose liste, nel 1993. Ermanno Giagoni aveva allora già tre lustri pieni di esperienza fra le Colonne della Risorgimento sulcitana e quelle della Alberto Silicani cagliaritana, di cui era già stato, all’inizio di quel decennio, il Maestro Venerabile, dopo che l’Esperto, e Giudice ed Oratore e Sorvegliante.
Spezzino di nascita, ma da genitori galluresi, classe 1938, aveva aperto a Quartu Sant'Elena giusto alla metà degli anni '50 uno studio di medicina generale e s'era impegnato anche lui nell'attività sindacale, con responsabilità perfino nazionali.
In loggio trattò, sempre con una ammirevole umiltà nell’approccio, di Dio nei Landmarks e del GADU, divinità o espressione verbale?, ma anche de La mente umana capolavoro della creazione, e si diffuse anche in Divagazioni sull’amore universale... In una dinamica sorprendentemente circolare si colloca una sua certa Dissertazione sulla Massoneria con la proposta di suggestivi percorsi alla “scoperta di sé”, suggeriti da un sottotitolo dal tratto quasi antologico: Da argomentazioni fra Fratelli fuori dal Tempio, anche sulla scorta di quanto appreso da riviste e libri massonici. I brevi paragrafi: Massoneria: cosa è, Massoneria e religioni (in logica biunivoca, per quel Che cosa pensanole religioni della Massoneria?), Massoneria e politica, Massoneria e società segrete, L’iniziazione massonica, Massonerie deviate, Fratelli indegni…
Spirito intimamente religioso, discretamente e delicatamente religioso in perenne ricerca dell’Assoluto, esprimeva anche lui, come altri, la sua creatività insieme con i versi, con le fotografia (e macrofotografie) e con le tele. Di tele ne donò diverse alle case massoniche di Cagliari, i versi li pubblicò (come anche varie e gustosissime note di pratica professionale) in diversi libri. In uno di essi anche, esplicita, la dedica ai suoi Fratelli. Titolo della sua poesia: Il dedalo. Chiaro il suo riferimento ai tre pilastri templari, quelli della ritualità liberomuratoria.
In un dedalo di ambasce
vado cercando l'uscita senza trovarla
perché in fondo ai muri illusorie
sono le luci.
Mi basterebbe una face
di Sapienza
per scrollarmi di dosso
pigrizie e paure, una clava di Forza
per abbattere vizi e viltà
nel profondo dell'lo,
per fortuna l'amore
mi consola e mi adorna di certezze e di gioie
con la sua struggente Bellezza.
Rapide pacate conclusioni
Quanto sarebbe soddisfacente se fossero le produzioni creative dei massoni a circolare per prime in Massoneria, anche a Cagliari e in tutti gli Orienti dell’Isola, alimentando pensieri grandi e generosi. Sono stati almeno cento, ma tenderei a raddoppiare il numero, gli Artieri sardi che, lungo i decenni, hanno consegnato ora alla creta o al bronzo, ora alle tele o ai cartoncini – e per le destinazioni più diverse, dalle chiese ai municipi, dalle università alle biblioteche, ai palazzi e alle piazze – la loro abilità plastica o grafica e pittorica, alle pagine di un libro la riflessione dell’intelligenza e il sentimento dell’anima: pagine di prosa – pensa (nella loro evidentissima diversità e stagione di vita) a Sergio Bellisai (Il punto più basso dell’anno), pensa a Giovanni Lonzu (Angeli nella tragedia), pensa a Gavino Angius (Pensiero stupendo)… - e pagine di poesia. Fu poesia anche nostra sarda quella di Pompeo Calvia (Sassari mannu) e quella di Bachisio Masala (Canzoni sarde, Su lunis agatendesi affligidu) e di Ausonio Spano (Sos cantigos de su ’ezzu)… fu poesia italiana quella di Piero Pischedda (Fermentazione) e Agostino Castelli (Dalla Sardegna un canto per il Cile di Allende) e Rinaldo Botticini (Ve lo dico in favola, Cagliari amore e rabbia)…
Qui ho ricordato, con qualche maggiore attenzione, soltanto Antonio Tedesco ed Ermanno Giagoni, oltreché il carissimo e sempre secondo, poeta e pittore, Fausto Oggianu, sodale di tante giuste imprese… ma certo sarebbe interessante procedere ad un censimento dei tanti che, nel circuito giustinianeo sardo, hanno offerto alla nostra società di ieri o ancora offrono a quella di oggi l’esito della loro genialità inventiva ed artistica. Potrebbe essere un lavoro collettivo, certo ambizioso, più ancora doveroso. Per respirare aria pura, quella stessa – e guardo adesso alla maestria della mano – di Francesco Ciusa e Mario Delitala, di Guglielmo Bilancioni e Antonio Ghisu, di Melkiorre Melis e Attilio Nigra, di Battista Rossino e Andrea Valli, di Carlo Cantoni e Pippo Boero – il Boero delle sculture cagliaritane di Verdi e Bovio –, di Franco d'Aspro e Giuseppe Bosich e dell’ancora nostro fertilissimo Carmine Piras…
Medico Chirurgo e poeta e pittore, le vocazioni di Fausto Oggianu De Riu, massone sardo galantuomo. Memorie e sentimento, Cagliari e il giardino materno, quella Madonna di Corte… e Dio perfino
di Gianfranco Murtas
Mar 02 Ago 2022
«Finché avrò occhi / E avrò respiro / Vivrà la mia poesia / E in essa io vivrò», conclude parafrasando «con la dovuta modestia» nientemeno che Shakespeare, e lo dice ogni volta che accenna all’argomento e lo scrive chiudendo la sua corposa, densissima silloge Poesie per una vita, Fausto Salvatore Oggianu De Riu, medico di professione e vocazione. Onore a lui, adesso – con i suoi 84 bellissimi anni – nella riserva. Planargese da generazioni, nato per caso a Vallermosa e residente da una vita intera a Cagliari, è – Fausto – un sardo mondialista, naturaliter ecumenico.
Ragioni professionali l’avevano portato, molti anni fa, a (multi)specializzarsi – è chirurgo generale, vascolare ed urologo nonché angiologo – a Parigi, in Francia trattenendosi a più riprese tanto da mettere in fila almeno duemila giorni, frazionati dai ritorni sardi, in un bel gioco di dare-e-prendere fra l’Isola sua (e nostra) e il vasto mondo della medicina e della chirurgia… ma anche di tanto altro. Ed a Parigi ha trovato, già cinquant’anni fa, quegli stimoli che l’hanno “educato” – proprio nel senso etimologico del verbo – a valorizzare l’innata propensione a raccontarsi ed a raccontare il suo immaginario ora con i versi fissati sulla carta ora con le forme ed i colori impressi nelle sue tele… Le prove abbondano e, anche da amico, conoscendone gli intimi passaggi morali, lo sforzo anche di tenere a bada ogni corda tesa, ogni ragione di tensione, ne godo.
Ha cresciuto la sua famiglia con sentimento puro, di rispetto e dolcezza verso tutti, tanto più verso ogni nuovo arrivato, saldando le generazioni da cui egli è venuto a quelle che da lui hanno preso vita, e figli e nipoti a scendere… Un vero capolavoro. Negli anni fra ’80 e ’90, ha offerto al suo paese elettivo (ma pure di radici) – Magomadas, il teatro appunto delle radici e meraviglioso mondo dell’infanzia e della prima adolescenza – il meglio delle sue energie, come sindaco realizzatore e sempre a colloquio con tutti i suoi settecento compaesani. Consigliere comunale dal 1975 al 2012, per vent’anni e più è stato protagonista della scena civica locale come esponente di giunta, cioè come amministratore dai passi lenti ma ben orientati e continui… Si contano sulle dita di molte mani le opere pubbliche di evidente rilievo dovute alla sua iniziativa e venute a soddisfazione di quel microcosmo partecipante, di quella… gentile tappa della “Strada della malvasia di Bosa”, come giustamente è stata definita quella parte planargese lunga quaranta chilometri: Modolo, Silattari, Coloras, Tinnura, Serravalle, vigneti e romanico medievale, Flussio e Tresnuraghes, Torre Foghe e Rio Mannu, domus de janas e Badde Nuraghe, qua e là ogni meraviglia...
Abile regista di tutta una serie di progressioni civiche che hanno coinvolto l’intera comunità consentendole di godere di standard di vita piuttosto alti pur nella generale austera (ma comunque gioviale e creativa) povertà del territorio, Fausto Oggianu ha messo a segno, nel tempo, le nuove condotte idriche (con il rifacimento di quelle dell'abitato e la collocazione ex novo nella borgata marittima e nell'agro), il sistema fognario (progettando quello della borgata) e la rete stradale di penetrazione agraria, e altro ancora naturalmente: l’impianto moderno di Illuminazione tanto all'interno del paese quanto nella borgata e nell'agro, il centro sociale con annessa biblioteca, il restauro di diverse chiese – dalla secentesca parrocchiale di San Giovanni Battista a Santa Croce, a Santa Maria del Mare (pure secentesca) –, l’anfiteatro rivierasco, ecc.
E di più. Accanto alle opere materiali, quelle sociali: ogni sforzo egli ha profuso, anche qui con ammirevole continuità (è il sentimento del quotidiano!) e senza suono di tamburi, per favorire una maturazione civico-culturale dell’intera popolazione, anche quella d’età avanzata oltre a quella giovane e giovanissima dinamica per definizione, attraverso manifestazioni di varia natura, rappresentazioni cine-teatrali, conferenze e convegni, e stimolando una più approfondita conoscenza del territorio di residenza, con ricerche e nuovi studi.
Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, lui di formazione religiosa, e spirito delicatamente religioso in ogni stagione della sua vita, è stato iniziato massone ora sono quasi quarant’anni, quando nella professione era già arrivato al rango di primario, quando avvertiva di non avere nulla da chiedere – se non purezza del rapporto amicale – e invece tutto da dare per capacità elaborativa ed esperienza. Direi anche e soprattutto, per bontà spontanea ed esempio di discrezione. Amico intimo da antica data di Ovidio Addis – per trent’anni la maggior autorità morale del Montiferru in abbraccio della Planargia –, fu accolto dalla loggia Hiram di Cagliari – la stessa di Armando Corona intanto divenuto Gran Maestro a Roma –, e della stessa è divenuto via via ufficiale e dignitario e, dal 1999 al 2001 e successivamente dal 2006 al 2009, Maestro Venerabile di riconosciuto prestigio. Da tempo – otto anni per la precisione - è anche insignito del grado apicale del Rito Scozzese Antico e Accettato, il famoso 33° gradino della suggestiva piramide dei cavalieri filosofi.
Il suo volume Poesie per una vita – uscito giusto un anno fa e che si è valso della prefazione autorevole del professor Duilio Caocci – comprende duecentosettantacinque componimenti in metrica libera. Nel novero quattro brevi e gustose… soste in prosa: “Il giocatore”, “Una vita difficile”, “L’agape di luglio”, “Era sempre solo”. E, muovendo dalla copertina e dal frontespizio per arrivare quasi alle ultime pagine, ventuno immagini a colori delle sue tele…
In un articolo del 31 agosto 2021 avevo dato conto, come in anteprima, di questo complessivo ed appassionato impegno d’arte del mio amico, con il quale anche s’era pensato a una miglior presentazione dei suoi lavori negli spazi di palazzo Sanjust. La pioggia di covid ed altri accidenti hanno poi impedito la manifestazione: tanto la mostra dei quadri – oli su tela in prevalenza, qualche acrilico su carta – quanto la declamazione dei versi e, con essa, la riflessione sulla loro matrice sentimentale e morale, e sui loro pregi letterari.
In quell’articolo steso per Giornalia e titolato “Poesia in loggia, poesia della loggia. Oggianu, Tedesco, Giagoni… e quanti altri creativi dal cuore leggero e generoso!”, m’era parso bello inserire allora… l’assaggio di tanta produzione di Fausto in una sorta di viaggio poetico comprendente anche altri autori – dico autori liberi muratori al suo pari –, con entrambi i quali avevo avuto la bella ventura di esser stato anch’io in rapporto in anni ormai lontani: Antonio Tedesco, professore e politico calabrese fattosi sardo a Sassari ed Ermanno Giagoni, gallurese convertitosi anche lui per territorio, fattosi campidanese in quel di Quartu Sant’Elena dove per quasi mezzo secolo aveva svolto, al pari di Oggianu, l’attività di medico. Tedesco incardinato già negli ultimi anni ’40 fra le Colonne della antica e prestigiosa Gio.Maria Angioy nella Valle del Bunnari e del Turritano, Giagoni nella carboniese Risorgimento della Valle del Palmas e del Cixerri in un primo tempo, e nella cagliaritana loggia Alberto Silicani – la Valle è quella del Mannu e del Flumendosa – successivamente. Tutti e tre – Tedesco, Giagoni ed Oggianu – portatori ed originali interpreti, per la funzione carismatica loro riconosciuta dalla Fratellanza, di una tradizione umanistica e civile non da poco.
Guardo a Fausto Oggianu De Riu – mi sia consentita questa speciale accentuazione che ha le sue ragioni –, Maestro rispettato della loggia Hiram, la stessa segnata fin dai mediani anni ’60 dalla personalità eccellente di uomini come Mario Giglio ed Armando Corona, Franco d’Aspro e Sabino Iusco, Hoder Claro Grassi e Nicola Valle, Filippo Pasquini e, nel tempo, innumerevoli altri… almeno cinquecento.
Ci ripenso, e tornando con la memoria una volta ai libri ed un’altra alle personali frequentazioni, mi vien da riassociare subito, in quanto alle vocazioni letterarie e poetiche, il genio creativo di antichi e moderni frequentatori del Tempio simbolico sardo: per dire, di Pompeo Calvia artiere storico della Gio.Maria Angioy e di Piero Pischedda, decano iniziato a La Maddalena, che portò la sua esperienza nel maggior capoluogo – così nella scuola come nell’associazionismo, agli Amici del libro per esempio… E se ne potrebbero contare di poeti e scrittori massoni in Sardegna… quante delle loro opere fanno vanto di presenza nelle migliori biblioteche della letteratura isolana, e nelle sezioni letterarie ed artistiche della Libera Muratoria regionale! ne ho ricordato qualcuno (in lingua italiana e in lingua sarda) e so che si potrebbe raddoppiare e triplicare senza faticar troppo… da Sergio Bellisai a Rinaldo Botticini, da Agostino Castelli ad Ausonio Spano e Bachisio Masala…
La Sardegna, gli ideali, gli amici, la madre-regina
Sono forse “amore” e “vita” le parole che più ricorrono nella poetica di Fausto Oggianu: e il “mare” e il “vento” i soggetti chiamati con le “albe” e i “tramonti” ad imprimere emozioni, paura e conforto, a chi , come lui si confessa, viaggia con la sua pochezza, col desiderio di relazione che guarda al futuro ed il timore del tempo che finisce troppo in fretta.
Scorro in velocità, certamente perdendone qua e là, i titoli che rimandano ai temi forti della riflessione morale e sentimentale del poeta:
Così alla vita: Amo la vita, Il giorno (come la vita), La vita, Una vita difficile, Tutto ha termine, La vita c’è, La vita è un gioco, Vivere, La vita è verità e menzogna, La vita è come un’ombra, Pensieri sulla vita, La bellezza della vita, Si nasce e si muore, Inizio e fine, I sogni sono finiti, Il giorno che verrà, L’istante è vita, Quando sei nata tu, Una nuova vita, La vita è come un fantasma, La vita è un sogno, La vita è una scommessa, Il tempo che passa, La vita è bella, Amo la vita, Il tempo e la vita, Il giorno se ne va…
E all’amore: L’amore perduto, Melodie d’amore, Parole d’amore, Amore, Quante volte la parola amore, Poesia è amore, Ti amerò sempre, Ricordo di un amore, Penso a lei e l’amo, Solo amore, Ti amo, Innamorato, Cerco l’amore, L’amore questo sconosciuto, Amo e non amo, Un grande amore, Un pensiero d’amore, Il tuo amore, Amore è come un libro dei sogni, Questo è amore… E nel tanto-tutto amore che la vita (di Fausto) ha riempito, e ancora ne scandisce ogni momento della giornata, di tutte le giornate – lo confida l’autore che nel sentimento si rigenera in una permanente purezza – innominata ma sovrana campeggia la figura di Rosa, della sua compagna di vita che la sua vita ha impreziosito, stagione dopo stagione… Tutto è misurato nei confini delle parole, ma tutto è anche smisurato nelle proiezioni di un esistere che, proprio grazie a Rosa, conquista il senso di sé.
I momenti del giorno e del calendario: Primavera, Mattino d’estate, L’alba, Tramonto, Ho visto un tramonto, Le ombre della sera, Notte d’agosto…
E il mare, quello planargese sopra tutti i mari del mondo: Mare, In riva al mare, Sulla mia barca, Partenza dal mare, Ciao mare, Primavera al mare, Tempesta al mare…
C’è l’Isola, ci sono i paesi e c’è la città, ci sono le pietre della civiltà antica: A Bosa, Magomadas, Cimitero, I nuraghi, I giganti di Mont’e Prama, Primavera in Sardegna, Il vento di Sardegna, A Cagliari…
Ci sono gli affetti nuovi, ci sono i ritratti di chi impara a conquistarsi la vita: Per Giomaria, Per Tommaso, A Luca, A Tommaso e i suoi amici, Per Filippo…
C’è la madre da cui tutto viene, la grande signora che sembra nulla ed è tutto: C‘è una madre, Mamma, A mia madre, Il giardino di mia madre, Per la morte di mia madre, Il tuo vestito (per mia madre)…
Ci sono gli altri di casa, brividi d’esempio, e con loro c’è il cielo dei santi: Mia nonna, A mio padre, La Madonna di Corte, Dio… Direi anche Ho visto una croce: «Ho visto una croce / di legno / e nella croce / c’eri Tu, / inchiodato / con chiodi / di ferro, / ferito nel corpo / e nello spirito, / sanguinante / e orrendamente / martoriato / E in testa / un inserto di spine / E i tuoi occhi / guardavano / in alto / E lo sguardo / era benevolo / e pieno d’amore / E le poche / parole / di perdono / E c’era chi / imprecava / e malediceva, / e. con odio, / urlava, / con disprezzo / e malvagità, / per un rancore / sconosciuto / ed incompreso, / incomprensibilmente / ostile, / in un delirante / e crescente oltraggioso / desiderio di vendetta / Incapace di capire… / E non mi è / rimasto che piangere».
Nel mondo gentile di Fausto: ombre e sogni, sentimento di vita e di Dio
Ecco una contenutissima selezione dei versi fissati sulla carta lungo gli anni, registrazione di stati d’animo passeggeri e di riflessioni di onda lunga…
Autoritratto
I capelli al vento
scomposti
E il sigaro amico
Il volto solcato
dal tempo,
di vaga mestizia
Gli occhi profondi
e scuri,
con, spesso,
un guizzo di luce
Triste,
solitario,
silenzioso,
per umiltà
ed orgoglio
Irato, spesso,
con tutto
e con tutti
Scontroso,
restio
Ma disponibile
e pronto
all'amicizia
Virtuoso a tratti
e a tratti vizioso
Irruento,
coraggioso,
ma facile
alla commozione
ed all'amore
E, comunque e sempre,
con un
grande cuore...
Vorrei essere così
Vorrei essere
così:
Come colui
che non si lascia
mai vincere
dall'avverso
destino
Come colui
che è capace:
Di soffrire
in silenzio
e di credere
sempre in
qualcosa
Di gioire
per il sorgere
del sole al mattino
e della splendida luna
la notte
Per le giornate
radiose,
piene di luce
e di colori,
e per quelle
nuvolose,
di pioggia,
di vento e di bufera
Di avere,
sempre, la capacità di sognare…
E la forza
e la volontà
di fare
Di credere sempre
nella bontà
degli altri
E di voler ascoltare,
con interesse,
anche chi di opposte
opinioni...
Di voler agire,
in ogni occasione,
per il bene
di tutti...
... Ed aiutare
chi ha bisogno
Di tenere, sempre,
in gran conto
la libertà
e, per essa,
se necessario,
essere pronto
anche a morire...
Di rivolgere,
tutti i giorni,
un pensiero benevolo
all'alto
E, soprattutto,
e, comunque,
di amare sempre..
Solo l’amore
Ma che cos'è
la vita?
È forse
solo
un passaggio
O un frammento
di un attimo
di quello che
chiamiamo
eternità
O è qualcosa
di più...
Che non riusciamo
a capire
O che non
vogliamo
capire...?
E noi?
Noi chi siamo?
Da dove veniamo?
Dove andiamo?
Noi siamo
e non siamo
Siamo come
le foglie
di un albero
sbattuto
dal vento
Come un pensiero
già dimenticato
che, molto spesso,
non aveva alcun
senso
Siamo sogno
e realtà
Illusione
e fantasia...
Siamo come
le stelle
e, talvolta,
come la polvere
Siamo tutto
e nulla
Come il cielo
e, talvolta, come
il fango...
Ma forse...
Forse quello
che ha dato
vita al mondo...
Può dirci
chi siamo
E perché siamo
Forse solo l'amore può...
Ti amo come mai ho amato
Ti amo di un amore immenso
come gli spazi indefiniti di luce,
come lo scorrere
violento
delle acque di un torrente
Ed è un amore
meraviglioso
e disastroso
Tenero, irruento
e silenzioso insieme
Che irrompe violento
e sembra lacerare il cuore,
con l'intensità
di un tuono
E guardo, con terrore,
il passare del tempo
perché ho paura
della sua fine
Ma esso durerà
fino a che io vivrò
E niente,
comunque e mai,
sarà per me importante
Neanche l'universo tutto
Se tu non ci sei più...
Ti amo
Ti amo come
non era mai accaduto prima
Ti amo come il fiore
ama il sole
e come la terra arida
ama la pioggia
Come la luna
ama le stelle
Da cui è circondata
e che la fanno apparire
più bella
Come la terra il cielo
E il mare
la scogliera
Ed è un amore
piccolo e grande
insieme,
coinvolgente
e sconvolgente,
nuovo
e millenario,
illusorio
ed eterno
Un amore espressione
di un sogno
capace di trasformare
tutto nell'indefinito
dell'infinito
Che trasporta
in un'altra dimensione
E fa comprendere
il vero senso della vita,
il mistero
del mondo...
Poesia e amore
La poesia è frutto
del nostro "io"
più profondo...
È il desiderio
di voler manifestare
sentimenti ed emozioni
Di voler trasmettere sensazioni,
commozioni e turbamenti...
E l'amore è il bene
più grande concesso
all'uomo...
È il seme della vita...
È una delle poche cose
per cui vale la pena
di vivere...
E se è vero amore
è come un rinascere
ad un mondo nuovo
che può essere stupendo,
imprevisto, imprevedibile
E straordinario...
Ai miei figli Elvira, Maria Grazia, Gian Michele e Alessandro. Sempre cari…
Pensieri… e considerazioni
Pensieri su un'esistenza intensamente "vissuta" e, talvolta, pur sempre intensamente, solo "immaginata", più o meno tristi, con un qualche accenno ad un sorriso e ad una, sia pure singolare, gioiosa mestizia...
Considerazioni e riflessioni, in momenti e condizioni dell'animo diversi, non sempre sistematicamente riportati, sull'uomo, sul mondo, sulle cose e, soprattutto, sulla vita, che, pur apparendo un "qualcosa di strano" e di non "facilmente comprensibile", su cui si può meditare e dissertare a lungo, penso valga sempre la pena di essere vissuta, e che comunque, in sintesi, è in gran parte rappresentata dal susseguirsi di un insieme di "accadimenti" per cui sono indispensabili capacità e impegno, volontà e perseveranza, generosità e disponibilità all'Amicizia ed all'Amore, e soprattutto Coraggio con in ogni caso e sempre uno sguardo rivolto all'ALTO...
Alla mia cara mamma... Fausto Oggianu De Riu
"Se non potete essere un pino
sulla vetta del monte
siate un cespuglio nella valle
ma siate il miglior piccolo cespuglio
sulle sponde del ruscello.
Se non potete essere la via maestra
siate un sentiero.
Se non potete essere il sole
siate una stella.
Non con la mole vincete o fallite.
Siate il meglio di qualunque cosa siate.
Cercate ardentemente di scoprire
a che cosa siete chiamati
e poi mettetevi a farlo appassionatamente"
Martin Luther King
Il giardino di mia madre
Nel giardino
di mia madre
c'è un forte profumo
che sembra di tigli
E il verde intenso
degli alberi di noce,
stupendi,
grandi, maestosi
E di nespoli
in fiore...
E tutto sembra primavera
E i muri, in pietra,
bianca e nera,
sono ricoperti
di edera,
di menta odorosa
e di campanule
colorate
Aranci, peri, susini,
meli e melograni
attorno
al grande pozzo
ricco di acque
lievemente salmastre
Acini d'uva
di stupenda bellezza,
quasi scolpiti,
su una vite incolta
affiancata ai muri
E fichi in quantità
Colombi argentati
volano sui tetti
dell'attigua antica
casa vetusta
e le cicale
esultano al sole,
giocando
a nascondino
con le foglie
E, d'improvviso,
la pioggia,
la pioggia d'estate,
che dà ai fiori
ed alle piante
nuovi colori,
nuovi profumi,
nuovi aromi...
E tutto sembra
più verde,
più intenso,
più luminoso
Ma, in breve,
l'afa aumenta
E il caldo
E, con essi,
i ricordi,
la malinconia
e la tristezza...
A mia madre
Esile, triste,
vestita di nero
Solitaria,
solenne,
silenziosa
Schiva a tutti
e, quasi,
alla vita stessa
Nel dolore,
nella pena,
misteriosa,
inquieta,
pensierosa
Spirito insonne
ma forte
nell'animo
per coraggio
e volontà
Tenace
e rude
quale quercia
vigorosa
ma gentile
nei tratti
e nel cuore
In ansia, sempre,
ma pronta ad
ogni necessità
ed anche
al sacrificio
e al dono
Ed ora, sola,
in attesa
Seduta vicino
al caminetto...
Per la morte di mia madre
È sera,
il tramonto
l'ultima ora
per te
L'accorrere frenetico
L'angoscia,
lo sconforto
la disperazione...
E poi,
il nulla
Ho cercato,
con forza,
di ridarti la vita
Ma tutto
è stato inutile
E, sconsolato,
non mi è rimasto
che piangere
È giunto per te il
grande sonno,
inflessibile,
intransigente,
impenetrabile
Il sonno di
una anima
buona,
pura,
a me sacra,
sempre,
in pena...
E a me,
ormai,
resta solo
il ricordo
triste
di un viso
Di un sogno
lontano
Di un tempo
felice
Meraviglioso...
Addio...
Addio
per sempre
Con il cuore...
A mio padre
Non avevo mai scritto
per te
Forse perché sei
stato troppo poco
con me
Ma mi ricordo
di quando, tra la gente,
agivi per la "Legge",
sempre, come è stato detto,
con pacata saggezza
ed equità
E, attento
alle necessità
di tutti,
tutti ascoltavi
con tollerante
benevolenza
Ed io gioivo, orgoglioso nel vederti
E di quando mi accompagnavi,
tenendomi per mano
con affettuosa tenerezza,
ai miei primi incontri
con la scuola...
Mentre parlavi,
indimenticabili
insegnamenti,
Di onestà,
di lealtà, di dovere
e di onore...
E poi ricordo la malattia
e la tua triste dipartita
E i baci che,
sconvolto e tra le lacrime,
ti avevo dato,
in un freddo mattino
di primavera,
Anche tu freddo
come marmo scolpito,
Mentre tutti intorno
piangevano
rattristiti
E mamma,
accanto a te,
In lacrime...
Questo ricordo
E ti ho sempre
ricordato
E ti ho voluto bene
E Tu mi sei mancato tanto...
Sardegna
Terra da sogno che, selvaggia,
si erge maestosa,
tra isole, a tratti,
di eburneo granito
e cespugli di mirto,
su un mare, imprevedibile
e fantasioso, blu incantato,
da favola...
Con spiagge e anfratti rupestri,
boschi di ginepro e di cisto,
oliveti e vigneti fiorenti
e prati sconfinati,
d'estate arroventati
da un sole sconvolgente,
mozzafiato al suo "declino"
Terra di Nuraghi misteriosi,
di Menhir e necropoli millenarie
con "Domus de Janas" ipogee
Di statue di giganti enigmatici,
vestigia, verosimilmente, di una leggendaria
scomparsa civiltà
Terra di splendide albe
e di irripetibili tramonti,
con il vento che regna sovrano
Di arenili variopinti e multiformi
che a volte tendono al rosa,
con rocce istoriate dal maestrale,
e cespugli di estatica bellezza,
in un cielo spesso colorato,
anche esso, di rosa
E fiumi, laghi, montagne sempre verdi
con "angoli" indimenticabili,
entusiasmanti e sconvolgenti...
E poi città ridenti, vivaci ed accoglienti
e borghi di antica,
spesso medievalica memoria
Con torri costiere e castelli,
ricchi di fascino e di storia
E il popolo è di una
stirpe arcaica,
erede di mirabili tradizioni,
di navigatori,
famosi guerrieri,
e abili coltivatori e allevatori
Ed è per lo più versatile, duro, fiero
ma ospitale
volenteroso e, solitamente,
silenzioso...
Che tramanda, oltre che
musiche e danze ancestrali sconvolgenti,
i vetusti segreti della vita
Tra un volo
di gabbiani,
di grifoni rapaci
e di aquile reali...
Il vento di Sardegna
Un pallido sole che tramonta
incanta la scogliera
su un mare in tempesta,
spumeggiante,
che pare voglia
invadere la terra
Ma è il vento
che domina
incontrastato
E sembra
voglia parlare
con una voce
che viene da lontano
La voce della
nostra terra
millenaria,
sofferente,
rude
ma pur sempre
forte, selvaggia,
incantevole
Il vento che allontana
le nuvole
e dà chiarore al cielo
Che talvolta sussurra
ed altre pare che urli,
irato e scomposto
Che impone l'orientamento
delle querce,
pure forti e potenti,
che si piegano ad esso
e alla sua inaudita
violenza
Il vento che penetra
nei prati, nei boschi
e sembra sfidare le montagne
E tutto
trasforma
e trasfigura
in un fascino
che ammalia
Il vento di Sardegna:
Gioia e tormento...
Simbolo e metafora...
A Cagliari
Le piazze
brulicanti di gente
che viene e che va
Le strade assordate
da macchine veloci
E l'alta cattedrale
maestosa nel quartiere
medioevale del nobile "Castello",
con accanto il palazzo
istoriato
del nuovo
"Regno d'Italia"...
E la bianca basilica di
"Bonaria",
Patrona di Sardegna,
con la scalinata
che porta al mare
Al centro
del Mediterraneo...
E più in là, nel cuore di Stampace,
l'antica Chiesa, baroccheggiante,
del Santo Martire Efisio
da dove, al risveglio di maggio,
in un tripudio di colori
e uno scenario da favola,
giovani in costumi variopinti,
in preghiera e devozione,
con carri ridondanti di fiori
e cavalli impetuosi e bizzarri,
addobbati a festa,
partono a ripercorrerne
le vie del martirio.
E la spiaggia
di candida sabbia,
che sa di "poesia",
su acque
azzurro-smeraldo
che guardano
la montagna,
"a sella",
di "diabolica"
bellezza
E i palazzi
e le case
maestosamente
disposte
tra i sette colli
e le valli...
Con giardini ridenti,
in una armoniosa
sequenza
di verde
e di colori
E la via Roma,
con le sue
arcate vetuste,
che contempla
l'azzurro
del mare
E l'antica
statua "Felice",
che doveva indicare
la strada,
ricca di storia...
E il Castello,
di "giudicale" memoria,
che troneggia
solenne sul
colle più alto,
al di sopra
di tutto
e di tutti
Questa la
mia città,
gioiosa e
spensierata,
con un cielo
incredibile, di un
azzurro fantastico,
che tutto illumina
di luce e
inebria
al sorgere del sole
Talvolta, però, anche
malinconica
e triste...
C’è una Madre (Per Santa Maria del mare)
C'è una Madre,
che ha in braccio
un "Bambino",
e si chiama Maria
ed è come
una Madonna
Che, da "regina",
avvolta di un
manto celestiale,
guarda il mare
e, con amore,
tutto osserva benevola
E le onde
tempestose
trasforma, talvolta,
in un armonico
sciabordio
di suoni incantati
E le lacrime
e i pianti
di chi era disperso
e disperato
in un canto
gioioso
di gratitudine.
Tu sei come
una stella radiosa
che illumina il cielo
Come una stella di mare,
che, impregnata di alghe rilucenti,
indica il cammino
Come un raggio di sole
che bacia e ravviva,
al mattino,
l'asfodelo rupestre
e le stupite ginestre
E rinfranca l'animo,
risvegliando nel cuore
forza e voglia di vivere
E tu sei colei che,
ricca di fascino
e di mistero,
quando spunta
la luna ammantata
d'argento,
noi tutti impetriamo
per aiuto e protezione...
La Madonna di Corte
Il buio
avvolge la
piccola chiesetta,
un tempo di
grande Abbazia
E le torce,
d'intorno,
quasi stelle
lucenti,
danno un chiarore
che sa di mistero
E la santa
Madonna di Corte
troneggia
sull'altare
E un velo
di mestizia
e di sacralità
avvolge i presenti
Un vento
improvviso
fa riecheggiare
lontano
i canti,
le preghiere
e le implorazioni,
accorate
E tutti richiama
ad un rinnovato
amore,
a un desiderio
di pace
e di bontà
infinita...
E intanto una
goccia dorata,
quale segno
di luce
gioiosa,
che sa di divino,
filtra
tra le nuvole...
A Garibaldi (Compendio di Caprera)
La primavera,
con animo gentile,
ha dato nuova vita
alla natura,
esplosa
in una miriade di colori
E gli alberi hanno
riscoperto
i loro fiori
E lì, tra pini antichi
e ginepri odorosi,
l'azzurro del cielo
e il verde - turchino del mare,
tra scogliere e arenili incantati,
è la Grande Pietra
granitica
del sepolcro sublime
che avvolge
le spoglie dell'Eroe
che, di mondo in mondo,
ha riscoperto la gloria
E che, nell'isola selvaggia,
solitario,
ha voluto concludere,
tra umili lavori
e il ricordo
di epopee fantastiche,
lontano dal fragore di armi
e di urla gioiose di vittorie,
le suggestive gesta
che, dopo Aspromonte,
hanno segnato
la storia...
E Iì giace,
quale "Grande Ombra"
Tra il mormorio delle onde
e grida di uccelli marini
E intanto un semplice
raggio di sole
sancisce il suo trionfo...
I Fratelli
Figure e strumenti
geometrici
quali Squadra
e Compasso
E poi Parole
e Principi importanti,
come Libertà, Uguaglianza
e Fratellanza
Dubbio
e Verità
E il pensiero
che vola
libero...
Il Libro Sacro
e le Luci
I Betili, metaforicamente,
volti
ad Oriente
E gli "Animi",
come protetti da
un grembiule,
simbolicamente
uniti in catena
Ed il nuraghe, talvolta,
Tempio Sacro
Questo sì che è novità
Ma quando?
dove?
perché?
per chi?
Solo mistero...
Dio
Ho visto l'alba
e il sole nascente
in un turbinio
di colori
E la splendida
aurora
incredibilmente
affascinante,
mirabile
e fantasiosa,
sconvolgente
di armonia
e di bellezza
Certamente Dio è lì...
Ed ho pensato
all'uomo
con le sue
illusioni
e le sue miserie,
le sue certezze
e i suoi dubbi
E i molteplici
interrogativi,
interminabili
talvolta
e incomprensibili,
sulla vita,
sull'esistenza,
sulla morte...
E su dopo
la morte
E poi ho pensato
a me
e al mio "Io",
spesso
disfatto
e sconfitto
Al mio essere, talvolta,
sopraffatto
dalla tristezza,
sconvolto
dallo sconforto
Solitario
Lontano...
E mi sono chiesto:
cosa sarà di me?
difficile pensarlo,
immaginarlo,
prevederlo...
Certo è però
Che Lui c'è
e che Lui può...
***
Scrivo queste note mentre continuano a giungere, drammatiche, le notizie da Kiev e dalla Ucraina tutta. Sia maledetto chi ha scatenato l’inferno ed ha provocato la morte e la sofferenza di tanti innocenti. (Ed ancora una volta abbiamo la plateale dimostrazione della nullità liberale degli esponenti della destra italiana, pagana e imbrogliona, da cui insistenti sono venuti, negli anni, gli accarezzamenti ad un pericoloso dittatore nato).
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