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Gianfranco Murtas

Paolo VI a Cagliari cinquant’anni fa: i servizi di “Nuovo Cammino”, il giornale diocesano di Ales

di Gianfranco Murtas

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Era l’indimenticato monsignor Abramo Atzori, rettore del seminario vescovile (a Villacidro) e decano del Capitolo dei canonici della cattedrale di Ales, il direttore di Nuovo Cammino, nel 1970 ormai al suo 24° anno di pubblicazione, rimontando esso addirittura, nelle sue prime uscite, alla vigilia dell’arrivo nella chiesa diocesana di monsignor Antonio Tedde. Si trattava della trasformazione di Dobbiamo Divinizzare Tutto, testata dal suono invero poco giornalistico (con quell’acronimo DDT che pareva confonderlo, nella stagione che preparava e presentava la disinfestazione dalla malaria, con il celebre insetticida). 

Dobbiamo Divinizzare Tutto diventò nel 1948 Nuovo Cammino con la sottotestata di Bollettino del Seminario di Ales e dell’Opera delle Vocazioni. Il nuovo vescovo non gradì più di tanto quel riferimento troppo specifico agli interessi clericali e pensò invece a farne un organo propriamente diocesano, attento ai territori, alle comunità, non soltanto alla cittadella fortificata di Seddanus e neppure a quella della cattedrale, piccola ma bella, meravigliosa anzi, dei Santi Pietro e Paolo. Ebbe, negli anni, una vita complessa e perfino complicata, Nuovo Cammino: dapprima, e per tre anni, infeudato a Libertà, il periodico diocesano di Sassari (di cui proprio l’allora giovane don Tedde era stato a lungo redattore capo), dal 1951 in rilancio semiautonomo (come supplemento nuovamente di Libertà) e quindi autonomo in senso proprio; poi ancora, e per quattro anni fino al 1955, come supplemento de Il Quotidiano Sardo (a direzione Giuseppe Lepori e uscita a Cagliari, concorrente diretto de L’Unione Sarda).

Non ce la fece ad essere settimanale puntuale nelle uscite, negli anni ’60, ma si fece ben perdonare, Nuovo Cammino, per lo spazio offerto all’approfondimento delle questioni sia sociali o politico-sociali (era tempo del Piano di Rinascita) sia strettamente ecclesiali (si era nella stagione del Concilio Vaticano II). Quando la Sardegna cambiava, quando anche la Chiesa cambiava, e cambiava molto anche negli orientamenti pastorali del vescovo, certamente più inclusivi di quanto erano stati in passato, che pur inclusivi erano stati anch’essi (pur sempre nella perorazione anticomunista) con le originali coordinate delle lettere In dilectione e In paupertate, e delle messe e benedizioni nei pozzi minerari…

Un’edizione speciale

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Dunque, ecco Nuovo Cammino nel 1970, in occasione della visita di Paolo VI a Cagliari. Tre pagine speciali del giornale alerese, con un’apertura/pastone (“Una giornata indimenticabile”) di Petronio Floris e, anch’esso in prima, il testo dell’omelia del pontefice (che continua in seconda). In alto il titolo grande a tutta pagina – “L’abbraccio dei sardi” – con occhiello “A Cagliari, il 24 aprile, cinquecentomila persone acclamano il Papa” e sommario “L’esaltante giornata di fede del Pontefice tra la folla entusiasta convenuta a Cagliari da tutta l’isola – Il saluto a diverse categorie di lavoratori, ai Vescovi, alle autorità civili – Commosso incontro con duemila ammalati alla Fiera – L’entusiasmo degli abitanti di Borgo Sant’Elia – Le pietre degli anarchici e le deformazioni di certa stampa”. Di taglio basso è la foto del saluto all’ospite rivolto dal presidente della Regione on. Lucio Abis, su un palco eretto all’aeroporto. Fra le figure alle spalle del presidente e del pontefice, l’arcivescovo card. Baggio, il segretario di Stato card. Villot, il sen. Efisio Corrias.

Dunque in seconda, accompagnando l’omelia papale sotto il titolo grande “Ravvivare la devozione a Maria Regina della pace e Madre della Chiesa”, e più sotto il breve discorso del papa ai vescovi sardi riuniti nel convento mercedario di Bonaria e quello indirizzato alle autorità locali (“Per i sacri diritti dell’uomo: nella vera statura dell’uomo si riflette il volto stesso di Dio”), ben cinque fotografie: del celebrante in un momento della solenne messa, della folla sterminata in punti diversi sia del sagrato che della piazza dei Centomila ai piedi della scalinata, degli addetti alle industrie e alle officine artigiane che s’apprestano alla processione offertoriale, dello striscione a caratteri cubitali “Grazie Paolo VI”.


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Un dettaglio, dalla didascalia illustrativa dei lavoratori con in mano i loro doni, rimanda al medio Campidano: “Tre giovani operai occupati nelle industrie di Villacidro portano delle rocche di filati acrilici, da loro lavorati”.

Ricca anche la terza pagina in cui campeggia il titolo “Nel Vangelo e nella Chiesa siete i preferiti”, con occhiello “Paolo VI agli ammalati e agli abitanti di Borgo S. Elia”. Per esteso le parole, affettuose e anzi accorate, rivolte ai 2.400 malati (fra cui 200 bambini) riuniti in un padiglione della Fiera campionaria internazionale (“… siete i prediletti di Nostro Signore, perché portate misteriosamente scolpite nell’anima le impronte della sua Passione redentrice…”), ai residenti nel quartiere-ghetto non ancora… illuminato dallo stadio dei campioni freschissimi di scudetto (“Siamo venuti come avvocato dei poveri: abbiamo noi stessi desiderato venire fra voi…”), ai laureati e universitari cattolici (“Non è questo il tempo di un cristianesimo passivo, consuetudinario, superficiale, occasionale, incoerente…”). Tre le foto: del papa che giunge in via Roma sull’auto scoperta, fra due ali fitte di gente entusiasta, del papa che risponde al benvenuto portogli dal sindaco Paolo De Magistris all’esterno del municipio, del papa che legge un breve discorso ai convenuti di fronte alla parrocchiale di Sant’Elia, con accanto il parroco don Aramu.


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A proposito della sassaiola anarchica

In chiusura due stralci dall’intervento dello stesso Paolo VI tenuto a Roma l’indomani sabato 25 aprile, all’udienza generale, e da L’Osservatore Romano.

Così il papa: “Volevo dire che ieri, sapete che ieri io sono stato a Cagliari e ho visitato un villaggio per le famiglie bisognose, povere; si chiama il villaggio di Sant’Elia. E’ stata un’accoglienza cordialissima, bellissima. Io ero circondato da bambini, avevo davanti giovanotti, avevo tutte quelle famiglie intorno a me; sono andato a piedi anche in mezzo al quartiere, sono salito a vistare una casa dove c’era una famiglia poverissima e la mamma inferma con sei figli, e un padre, ottimo e laborioso, ma semidisoccupato. Un’accoglienza commovente: ho quasi dovuto difendermi dalle unanimi espressioni di cordialità, e sono partito pacificamente. Se voi leggete i giornali di questa mattina, anche quelli, anzi, purtroppo quelli, che si dicono i grandi giornali, vedete assolutamente travisata la notizia: dovrei dire che questa volta non sono giornali informatori, ma sono deformatori! Dobbiamo dare questa rettifica non solo per la verità, ma anche per l’onore di quella popolazione, non meno cordiale e cortese di tutta la immensa folla cagliaritana e sarda incontrata nella nostra visita”.


Così poi L’Osservatore Romano: “Nessuno ha contestato il Papa. L’immagine della Sardegna cristiana è ben diversa, e noi l’abbiamo vista, nella giornata di ieri, in ogni momento del pellegrinaggio; dall’aeroporto di Elmas al Municipio, a Bonaria; durante la Messa, nella visita ai malati e agli infermi, a Borgo Sant’Elia, nelle strade della Cagliari antica e nuovissima che, con suo saluto e la sua pietà, ha testimoniato, crediamo, non solo per se stessa. Queste deformazioni feriscono perciò profondamente la verità e, con questa la coscienza e il sentimento così calorosamente manifestati dal popolo Sardo in tutte le ore che il Papa ha trascorso nell’Isola. Domandiamo, turbati, a cosa mirino certe falsificazioni consapevoli e quanto siano compatibili, non diciamo col rispetto alla verità, ma con lo stesso sentimento della dignità e dell’onore”.

Ventidue i giovani (fra i 18 e i 29 anni) protagonisti, però con un’altra trentina (del movimento studentesco e di gruppuscoli estremisti) più defilata, della contestazione, non al papa però, non al papa!, ma alla polizia. Ventidue, di cui soltanto cinque di Sant’Elia, altri provenienti chi da Ancona (appartenenti al gruppo sedicente anarchico “Dioniso”), chi da Lucca, chi da Milano, e altri dal capoluogo e altre zone dell’Isola. Una sassaiola contro le macchine della polizia e i poliziotti (feriti e finiti anche ricoverati in ospedale), dopo la partenza del corteo papale. Danneggiate diverse macchine delle forze dell’ordine e di privati cittadini. L’intenzione era stata quella di denunciare clamorosamente – e giorni prima anche con uno sciopero della fame – il degrado delle condizioni di vita della popolazione del Borgo e le ipotesi corse di trasformare il quartiere in una zona residenziale di buona borghesia, disperdendo qua e là gli abitanti, le famiglie dei pescatori inquiline, come i Murgia visitati dal pontefice, delle case minime costruite sulla collina nei primi anni ‘50. Un megafono sequestrato dagli agenti sembra avesse dato la stura alla rivolta.


Ecco altre due belle fotografie di Paolo VI a Cagliari: con un bimbo malato in braccio (nella visita compiuta alla Fiera) e al Borgo Sant'Elia.



Fonte: Gianfranco Murtas
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