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Gianfranco Murtas

Nel segno di Bovio, fra pensiero ed arte. Franco d'Aspro e la Massoneria cagliaritana. Verso la fine d'una polemica sgradevole e anzi penosa

di Gianfranco Murtas

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We have a Holy House to build, 

a Tempie splendid and divine

To be with glorious memories filled; 

of Right and Truth to be the shrine. 

How shall we build it strong and fair,

This Holy House of Praise and Prayer, 

Firm-set and solid, grandly great?

Dobbiamo costruire una Santa Casa, 

un Tempio splendido e divino,

da riempire di gloriose memorie;

affinché sia il santuario del Giusto e del Vero. 

Quanto forte, quanto bella la costruiremo, 

questa Santa Casa di Lode e di Preghiera, 

stabile, solida, grandiosamente grande?

Come allestiremo tutti i suoi appartamenti, 

per l'uso, l'ornamento, la pompa solenne?

Il nostro Dio ha messo il legno e la pietra, 

e noi dobbiamo foggiarli nella retta maniera, 

come coloro che faticavano sul Libano, 

facendo dell'opera la loro delizia:

questa Casa, questo Palazzo, questa Dimora di Dio, 

questo Tempio, con la sua alta volta,

dovrà essere compiuto in ogni dimensione, 

perché i messaggeri celesti possano venire 

ad alloggiare con coloro che l'occupano.

Costruite a squadra i muri maestosi, l

e due colonne simboliche innalzate,

e fate che le corti e le sale orgogliose 

sfavillino nelle loro auree glorie.

Là, nel Kadosh-Kadoshim,

in mezzo ai cherubini dall'ampie ali, 

dove la Shekinah un giorno ha abitato, 

il cuore leverà l'inno quotidiano

di gratitudine e d'amore a Dio…

The heart shall raise its daily hymn

Of gratitude and love to God…




Alto grado dell’esercito americano, attraversò quasi l’intero secolo XIX Albert Pike, che fu anche uomo di legge e scrittore prolifico e poetico, ispirato dalle sue idealità umanistiche e da un vangelismo di taglio protestantico (e antipapalino) molto netto: egli fu certamente personalità complessa e contraddittoria a rileggerla con i nostri schemi interpretativi di cento anni dopo, e… molto calunniata, tanto più dal famigerato Leo Taxil, che infine arrivò a presentarlo, sulla scena europea di fine Ottocento, per il contrario di quel che fu davvero, addirittura per un satanista. Certo è che egli produsse numerose suggestive pagine di letteratura massonica, pagine che mi sono tornate alla mente, in questi giorni, in queste settimane di tormentosa rabbia per come palazzo Sanjust – sede della Libera Muratoria cagliaritana – avrebbe dovuto essere, essere vissuto e presentarsi alla scena cittadina, e come invece è stata trasformata e umiliata da uomini di poco senno. Umiliata in un progress perverso sfociato negli insulti, immotivati e volgari, nientemeno che al presidente della Repubblica e nell’irrisione della stessa ritualità massonica: un progress perverso partito con le ignobili pagliacciate allestite dal Maestro Venerabile (?!) della loggia Kilwinning – questo ormai è stato acclarato, mi è stato ufficialmente comunicato – con la complicità diretta di altri, del suo vicario (il 1° Sorvegliante della loggia) e di altri perfino di ultimo arrivo, ma soprattutto compreso – incredibile a dirsi – il presidente circoscrizionale dei capi-loggia sardi, arrivato anch’egli a perdersi nelle bambinate del “mi piace”, con corredo di faccine (come anche più oltre proporrò in ribalta), alle immagini da leggersi nel fil rouge che tutte le associa. Fino al ghigno fallico (e Bovio lì a un centimetro dall’oscenità) presente in rete ancora venti giorni fa, cioè abbondantemente dopo le grandi assoluzioni pontificate (segretamente anche per sé) dal presidente regionale dei giustinianei. Il punto più basso registrato in un secolo e mezzo, due secoli o forse anche tre, se consideriamo validi i riferimenti latomistici messi in capo, da quale ottimo ricercatore storico, ai consoli di Inghilterra e Francia di metà Settecento a Cagliari! 

d’Aspro e la sua arte, nella fucina e nel Tempio

A purificare, per quanto possibile, la piazza rivelatasi quella di Ponzio Pilato e di Barabba, e ahimè anche dei prevalenti nicodemici silenziosi, torno per necessità del cuore a Franco d’Aspro, al suo magistero, al suo esempio, ora che sono passati giusto venticinque anni dalla scomparsa, dal suo passaggio al non tempo, dal suo involamento all’Oriente Eterno, umanamente doloroso e spiritualmente immaginato festoso. Come fu immaginato per lui da quei Venerabili Maestri della sua loggia e di altre – tutti con gli abiti rituali – che lo onorarono, nel cimitero di Elmas, al termine delle celebrazioni religiose. Un secondo, sobrio funerale seguendo il rituale secolare della Libera Muratoria. Vi fui ammesso e coinvolto per la superiore generosità degli officianti.

Anni dopo avrei in diverse occasioni proposto recital o pagine scritte evocatrici di una personalità davvero d’eccezione, di un formidabile talento operante fra noi, in Sardegna, per quasi mezzo secolo. 

Nel settembre 2002, presso i locali della Biblioteca comunale di Elmas, presentai una “intervista impossibile” con lui, un dialogo simulato, costruito con le confidenze da lui fattemi nel corso di lunghi anni di frequentazione e, insieme ed a corredo, con i materiali d’archivio che, a suo riguardo, avevo ricevuto in dono da lui o avevo acquisito, con ricerche mirate, in tempi successivi alla morte.

Dal tanto, onorandone oggi la memoria, estrapolo la parte massonica che potrà servire di base a chi un giorno volesse lavorare ad una più accurata biografia di Franco d’Aspro… Eccola.

d’Aspro - Io mi sono diplomato a Bologna con Minguzzi, compagno di corso in accademia, cinquant'anni fa. Mi trasferii quindi a Napoli, e lì frequentai lo studio di uno scultore. Allora si lavorava giorno e notte; l'impegno culturale ed artistico era soprattutto fatica.

Dalla creazione dell'iniziale modello in creta bisogna passare al metallo nobile, bronzo, argento, alla sua fissione, che rappresenta un'arte nell'arte, un impegno difficilissimo. Così nascono tutte le mie opere. Anche i famosi bronzetti nuragici, a proposito dei quali mai mi stancherò di ripetere che, rispetto a quelli originali, essi sono tutt'altra cosa. Non riproduzioni né tanto meno ricalchi scandalosi come quelli che, anni fa, mani disoneste fecero al museo archeologico, per scopi commerciali. I miei bronzetti semplicemente si ispirano a quelli creati migliaia di anni fa dal popolo nuragico, la cui tecnica ho studiato nei minimi particolari, e con passione, per lungo tempo.

Sì, ricordo che una volta mi illustrasti la razionalità del metodo con cui i nostri avi di memoria millenaria realizzavano le statuine, votive in prevalenza, che ancora ammiriamo...

d’Aspro - Intagliavano l'immagine sul legno, che poi impaccottavano con l'argilla la quale, dopo essersi asciugata al sole, veniva cotta al fuoco. Il legno si bruciava, e la cenere usciva da un apposito buco fatto nel refrattario; nel vuoto così determinatosi veniva infine immesso il bronzo.

Cambiamo argomento, anche se non c'è frattura d'ispirazione, diciamo così, fra questo e i precedenti. Anche perché sempre di esperienza umanistica e morale si tratta. Una volta, parlando di Massoneria, mi riferisti dell'appartenenza liberomuratoria di tuo padre, un funzionario pubblico originario di Chieti, un comis tutto d'un pezzo: di lui era proverbiale, nell'amministrazione di tutta Italia, l'intemerata onestà e...

d’Aspro - Cosa rarissima, egli - grado XXXIII del Rito Scozzese Antico e Accettato - era riuscito per molti anni, fino alla morte avvenuta nel 1931, a difendere l'autonomia del suo ufficio dalle pretese e pressioni del Partito fascista, del quale rifiutò sempre la tessera, respingendo anche l'allettamento ad un alto livello della gerarchia miliziana.

Si chiamava Luigi, era dottore in matematica ed impiegato come ispettore dell'ufficio metrico e saggio dei metalli preziosi. Il grosso della carriera l'aveva svolto fra Avellino e Bologna. Noi quattro figli ci ha cresciuti agli stessi valori della religione civile risorgimentale, ai quali lui stesso s'era formato ed in cui gli influssi massonici sono determinanti. In me questa memoria paterna è rimasta forse come un mito, esemplare nel rigore sul piano etico e dell'ossequio all'interesse pubblico: quella custodia strettamente personale del punzone ministeriale, quell'amministrazione - meticolosa fino all'inverosimile - dei valori affidatigli per fior di milioni (negli anni '10 e '20) in pesature di platino puro, quegli episodi di denuncia della tentata corruzione da parte di furbi e truffaldini consegnati ai carabinieri...

Non gli erano mancate le umiliazioni, magari attraverso la forma della più rituale delle ispezioni (spintasi perfino al controllo dei vetri dei quadri ritraenti i reali), e però... riuscì a mantenere i contatti clandestini con quella rete di presenze che la Libera Muratoria messa poi legge dal regime aveva intessuto negli anni successivi all'unità d'Italia, soprattutto nella pubblica amministrazione, tra prefetture, esercito e ministeri.

Da che ricordi, non ti ho mai rivolto una domanda sulle precise circostanze in cui avvenne la tua iniziazione alla Massoneria. Sicché non saprei dire neppure l'anno esatto, anche se taluni amici comuni mi parlarono del 1945 o 1946, nel contesto delle residue presenze americane in città, e dunque di ufficiali dell'esercito alleato massoni, con una gran voglia di proselitismo... Invece parlammo più volte di quel complesso quadro dei tuoi rapporti all'interno dell'Obbedienza scozzesista che si chiamerà di Palazzo Brancaccio, a datare dal 1948, che forse fu proprio l'anno della tua iniziazione...

d’Aspro - E’ allora che giurai: «... liberamente e spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell'animo, con assoluta e irremovibile volontà, alla presenza del Grande Architetto dell'Universo, sul mio onore e in piena coscienza solennemente giuro... di avere sacri l'onore e la vita di tutti; di soccorrere, confortare e difendere i miei Fratelli; di non professare princìpi che osteggino quelli propugnati dalla Libera Muratoria…».

Una grande emozione?

d’Aspro - La loggia s'intitolava a Mazzini e Garibaldi, ad entrambi... Mi presentai con un intero set di spade da me stesso fuse. Fu un dono molto apprezzato.

Allora tu eri uno dei referenti principali dei leader di quella Comunione che aveva a Napoli la propria centrale (di qui anche i rapporti privilegiati intrattenuti con gli americani), e in particolare eri il referente del segretario generale che si chiamava Mario Spasiano.

d’Aspro - Spasiano venne a Cagliari nella primavera del 1948 per inaugurare il nuovo Tempio della loggia Mazzini Garibaldi, allestito nel piano rialzato di uno stabile in via Macomer, di fronte alle buone suore del Sacro Cuore.

Egli e quelli che lo accompagnavano - fra cui Raffaele Marino (tuo maestro d'arte) - ti conoscevano, taluno anche molto bene e da lungo tempo, come scultore, per cointeressenze appunto d'arte. Potrei ricordare il nome di Enio La Bella... Anzi, permettimi qui una rapida divagazione.

A proposito di una tua opera - "Il cieco" -, che è del 1938. Enzo De Bellis, che insegnava allora al Conservatorio cagliaritano (assieme, per fare un nome soltanto, al maestro Fasano), aveva composto, appunto per "Il cieco", uno spartito per pianoforte pubblicato, l'anno successivo, dalle edizioni Simeoli di via San Pietro a Maiella, a Napoli... Con lui saranno numerose le occasioni di intimità amicale. Le vuoi rievocare?

d’Aspro - De Bellis sarà perfino mio padrino di cresima allorché, in vista del matrimonio da celebrarsi in chiesa per rispetto alla fede della mia sposa, dovetti perfezionare...

Dovesti accostarti, dopo l'iniziazione liberomuratoria, al secondo sacramento dell'iniziazione cristiana, tu che sei naturaliter cristiano, ancorché non praticante... Quel modello - "Il cieco" dico - tornerà alla ribalta ammirato insieme con altri pezzi come "Il partigiano" ed "Il Violinista", nella primavera del 1946 alla grande esposizione ospitata nl Convitto nazionale.

Torno a quel giorno di sabato 23 maggio 1948 e alla mostra nella galleria Della Maria, in via Roma, sponsorizzata da Spasiano. Esponenti insieme, tu e diversi di quegli Artieri - scultori e pittori - della Fratellanza napoletana, da Raffaele Marino a Vincenzo ed Enio La Bella.

Mazzini e Garibaldi - la diarchia democratica cui era intitolata la loggia che t'aveva accolto Apprendista forse da pochi mesi soltanto - ti ispirarono, in quel 1948, il motivo di un bassorilievo in gesso bronzato che donasti ai Fratelli il giorno dell'inaugurazione del nuovo Tempio.

E ancora. Poche settimane dopo la solennissima cerimonia della consacrazione del Tempio, ecco avviarsi un'altra iniziativa: una nuova officina liberomuratoria cui si dava il titolo di Leonardo da Vinci. Tu stesso ne fosti preposto. Doveva trattarsi di un'officina quasi "specializzata", i cui Artieri cioè dovevano provenire tutti dalle attività intellettuali e dai laboratori d'arte. In realtà poi si trattò - per quanto mi confidasti - più di un programma o di un obiettivo, che di una effettiva compagine strutturata. E così?

d’Aspro - E’ tutto esatto. Partecipai anche alla prima Gran Loggia svoltasi a Roma nell'ottobre 1948, vestendo le insegne di Gran Capitano delle guardie.

Dissensi forti scoppiati nell'interloggia cagliaritana ti indussero, in coerenza con il tuo carattere, a metterti da parte, forse già nel 1950, limitando la tua militanza a consessi, direi, non locali... Mi riferisco alla rete di Accademia di Alta Cultura - Voce Fraterna, che era anche la testata dell'omonimo gruppo teatino che si muoveva nell'ambito della tradizione scozzesista, critico verso ogni altra Obbedienza, compresa quella da cui provenivi - la Famiglia di Palazzo Brancaccio, quella di Labriola e Finocchiaro-Aprile, oltre che di Spasiano - e che avresti lasciato per aderire, dopo esser passato per quella di Piazza del Gesù, a quella storica del Grande Oriente d'Italia.

Era una posizione di riserva, autorevole comunque, per il grado apicale da te ricoperto nella scala del Rito Scozzese Antico e Accettato. Nel 1953 eri ormai consolidato nelle tue funzioni di Sovrano Gran Ispettore per la Sardegna, eppure sostanzialmente inattivo. Il risveglio delle tue energie liberomuratorie in un contesto di loggia avverrà nel Tempio della giustinianea Nuova Cavour, che era la risultante dell'unificazione di varie logge di diverse provenienze, avvenuta pochi anni prima. Siamo adesso nell'autunno 1963. A luglio presentasti domanda di regolarizzazione, comunicando così la tua adesione al Grande Oriente di Palazzo Giustiniani.

Posso chiederti di rivelarci quel testo, che scrivesti certamene misurando le parole?





d’Aspro - La domanda di affiliazione non aveva alcuna particolarità. Il discorso invece di presentazione ai Fratelli era molto personale, molto sentito. Eccolo: «Il ritorno di un Massone è come quello di un navigante o di un combattente - e tanto più è dolce il ritorno in quanto altri Fratelli si sono uniti alla schiera da quando io mi sono messo in sonno.

«La messa in sonno è una maniera simbolica della Massoneria per dire che un Fratello – fermo restando il giuramento in tutte le sue parti - si estranea dalla vita attiva della Loggia.

«I motivi per ognuno sono diversi, ed io vi dirò quali furono i miei motivi: il caos che regnava in tutti i campi della vita sociale, i suoi riflessi nella politica, e soprattutto l'infiltrazione di falsi massoni, di arrivisti, e addirittura della presenza nelle Rispettabili Logge di individui con la fedina penale sporca. Tutto questo era più che sufficiente a determinare la decisione di ritirarmi in sonno, in attesa di tempi migliori.

«E’ con vera gioia che alcuni carissimi Fratelli me ne hanno dato l'opportunità, e di questo sono loro veramente grato.

«Il numero non ha mai fatto la forza. I grandi errori del popolo Italiano sono stati quelli di credere che la quantità potesse dare al paese grandezza e potenza.

«Noi invece siamo il simbolo vivente, o meglio i resti di un simbolo vivente di quella qualità che ha fatto l'Italia, la Massoneria. Pochi uomini che hanno veramente combattuto per l'eguaglianza – la fratellanza - la libertà, vale dire per il nostro trinomio.

«I mille Fratelli raccolti nelle Logge del Piemonte, che seguirono il Sovrano Gran Commendatore Giuseppe Garibaldi non erano certamente quantità, erano qualità che in pochi mesi distrussero un regno vecchio di secoli e lo unirono al regno d'Italia.

«Quando la nostra forza ha voluto poggiare oltre che sulla qualità sul numero, è cominciata la decadenza dei costumi, della società e quindi dell’Italia tutta.

«Noi non pensiamo ad una società divisa in classi, siamo per l’uguaglianza intesa come fratellanza, cioè fraternità, quindi rispetto reciproco nella libertà ed ecco di nuovo il nostro trinomio eguaglianza fratellanza libertà.

«Quando la Massoneria italiana, riprendendo la sua antica e gloriosa tradizione, che nella Carboneria ebbe la sua più grande manifestazione, [ci riporterà] a scavare oscure prigioni al vizio ed innalzare templi alle virtù, allora noi saremo ancora degni delle tradizioni che pretendiamo di avere ereditato. Allora soltanto avremo ricominciato a fare i muratori, avremo ripreso la costruzione della piramide Italiana.

«La tradizione, che gelosamente nella mia famiglia conserviamo di padre in figlio, mi consente di rivolgermi oggi a voi carissimi Fratelli chiudendo questo mio breve discorso con la lettura del giuramento della Carboneria quale lo prestò mio nonno, e quale oggi tutti qui ripetiamo:

«"Io Francesco d'Aspro giuro e prometto sull'onor mio, sugli stabilimenti generali dell'Ordine, su questo ferro punitore degli spergiuri, ed innanzi al Gran Maestro dell'Universo che è Iddio, di guardare scrupolosamente tutti i segreti della Rispettabile Carboneria.

«"Giuro di soccorrere i miei cugini, di non attentare all'onore delle loro famiglie, giuro di travagliare indefessamente per la regolare propagazione dell'Ordine.

«"Se divengo spergiuro sono contento che il mio corpo sia fatto a pezzi dalla tremenda scure, indi bruciato e le mie ceneri sparse al vento, acciò che il mio nome a tutti i Carbonari sparsi sulla superficie della terra, e così Iddio mi aiuti"».

Splendido. Ai primi anni della ripresa della tua militanza in loggia appartiene un documento recante il titolo interrogativo "Che cosa è la Massoneria?".

Vorrei ne riassumessi adesso, caro Franco, l'essenza ideale e la traccia storica. Il testo è tuo, se non materialmente, almeno idealmente. Così me lo consegnasti, tempo fa, in foglio ciclostilato dei primi anni '60.

d’Aspro - Volentieri. Leggo qua e là alcune delle frasi più significative: «Molte idee inesatte, prive di verità e, talvolta, con scopi puramente denigratori, sono state divulgate sulla Massoneria; molte calunnie hanno tentato infamare la purezza delle sue azioni e del suo fine.

«Alcuni l'hanno definita un'officina tenebrosa, altri un'empia congregazione che trama nell'ombra; chi l'ha definita una setta che richiede giuramenti suggellati nel sangue e chi una banale società di mutuo soccorso o una colta conventicola di amici.

«In Italia, specialmente quando ancora si dibatteva la "questione romana" e la Massoneria rivendicava Roma come capitale del Regno, le parti avverse facevano a gara per gettare fango sulla gloriosa Istituzione, per travisarne gli scopi e la natura.

«Oggi l'opinione più comune è che la Massoneria sia un'accolta di uomini aventi un programma elettorale sulla base del trinomio "Libertà- Uguaglianza-Fratellanza", quasiché per costituire una unione democratica con intendimenti elettorali sia proprio necessario avere dei riti, dei simboli ermetici, delle parole sacre e, soprattutto, un Tempio.

«La Massoneria non è questo; non è un'intesa a scopo elettorale. In essa non si entra per sostenere quanto il mondo profano ha insegnato e quanto si ritiene per vero e per buono in un dato momento del tutto transitorio. In Massoneria si entra per apprendere qualcosa che il mondo profano non sa e quindi non può insegnare.

«L'Ordine Massonico è una istituzione formata da uomini liberi ed elevati..., una comunione spirituale che, senza settarismi, ricerca il Vero e, fissandone i simboli, lo propaga adattandone i principi al miglioramento della società umana... Essa ha un compito essenzialmente educativo; è scuola rigida e severa di moralità e dovere, di libertà e giustizia, di affratellamento fra gli uomini».

Il rimando al trinomio rivoluzionario è d'obbligo. Chiedo: in che modo esso costituisce il leit motiv ideale della Libera Muratoria?

d’Aspro - Il suo trinomio è come un'aureola magica. Ripeto le parole di quel documento:

«Libertà: trionfo del progresso e facoltà di operare attivamente nell'ambito del Vero, del Buono, del Giusto, e guerra alla tirannide, alle ingiustizie, alle superstizioni. Il concetto massonico di libertà non si identifica con quello profano, ma lo supera. Esso esprime la libertà dello spirito, dell'intelletto, del cuore. Mentre le libertà civiche hanno limiti nei doveri verso la società, doveri che sono regolati dalle leggi di ogni Comunione nazionale; mentre le libertà morali hanno limiti nelle tradizioni, nelle consuetudini e nei costumi che sono diversi come sono diversi i popoli che li esprimono, la "libertà dello spirito" non ammette limiti ed è "universale".

«Uguaglianza: trionfo della giustizia, solidarietà e rispetto di tutte le idee e di tutte le dottrine; non è, però, livellamento, in quanto viene riconosciuta ed è praticata la gerarchia dei valori. Il sentimento di uguaglianza fra tutti gli uomini è la premessa della tolleranza e dell'amore.

«Fratellanza: trionfo dell'amore fra i popoli e affermazione di propositi collettivi, reciprocità di sentimenti, assistenza, aiuto scambievole fra tutte le stirpi, tutte le nazioni, tutti gli uomini».

In quale considerazione la Massoneria tiene la religione?

d’Aspro - Mi riferisco sempre ai nostri "sacri" testi: «La Massoneria è una istituzione nella quale si rispetta ogni fede religiosa. Essa non combatte la Religione, ma, rispettosa del "vero sentimento religioso", accoglie nel proprio seno uomini di ogni credenza, perché, quando l'uomo è integro e di onore, la sua credenza si armonizza sempre con quella degli altri...».

Fra 1965 e '66 la Fratellanza giustinianea cagliaritana, tutta imperniata ormai da più d'un lustro sulla loggia Nuova Cavour, si articola in tre logge, gemmando appunto due altre officine: la Giordano Bruno e la Hiram. Di questa seconda tu fosti tra i fondatori, unitamente a uomini del livello di Quintino Fernando, Josto Biggio, Nicola Valle, Hoder Claro Grassi, Sabino Jusco e altri.

Il 20 settembre 1966, alla tradizionale riapertura dell'anno massonico, l'Oratore tracciò una tavola che è riflessione sul passato e assunzione d'impegni per il futuro. Volesti consegnarmi anche quel testo, nel quale integralmente ti riconoscevi e ti saresti riconosciuto fino alla fine. Senza abiure che non avrebbero avuto senso, perché non si abiura alla nobiltà di una fede.

d’Aspro - Leggo: «Alla data del XX Settembre 1870 si concluse felicemente la fase eroica del nostro Risorgimento, un ciclo storico che la nostra Fratellanza ha iniziato, sostenuto e condotto a compimento con contributi di ideali, con sacrifici di sangue, abnegazione di volontà e appassionata dedizione...

«E ricordare il Risorgimento, quella lunga stagione di infiammato e nobilissimo amor di patria, oggi che questi sentimenti sono quasi obliterati, evidenzia per noi il dovere categorico di operare nel mondo profano per il recupero e la riabilitazione di questi valori...».

Ho capito. Radici salde nel passato, nella democrazia risorgimentale, e sguardo volto al futuro, alla complessa modernità sociale quale ogni giorno di più conosciamo. Domando: quale è per la Massoneria di oggi, il rapporto fra laicità ed anticlericalismo? Un tempo Massoneria ed anticlericalismo, perfino irreligione in taluni casi, era un'equivalenza...

d’Aspro - La sostanza non cambia, cambiano le forme, le espressioni, ma la sostanza liberale e tollerante resta. «Noi non siamo anticlericali per vocazione ma solo gelosi custodi di un profondo rispetto per la libertà della nostra Patria, alla cui libertà è un attentato ogni tentativo di inframmettenza confessionale, diretto a sovrapporre interessi di fede sugli interessi supremi della Nazione.

«Il principio di una "libera Chiesa nel libero Stato" è un precetto espresso dalla mente di Cavour ma profondamente ispiratogli dalla nostra Fratellanza Massonica.

«Questo concetto, ovvio sin dall'epoca di Dante e storicamente attuatosi con le leggi sulle Guarentigie, che seguirono alla Breccia di Porta Pia, è stato poi sistematicamente svuotato nei suoi valori da un'azione erosiva che oggi più che mai si fa scoperta ed impudente.

«Di fronte ad una serie di compromessi con la Chiesa che trovò complice il Fascismo..., l'unica a rimanere intransigente in una tenace difesa dell'idea è ancora una volta soltanto la nostra Fratellanza».

Nell'attualità corrente, a venti anni esatti dal referendum istituzionale e dalle elezioni per la Costituente - 1946-1966, dico così per richiamare l'allocuzione del 1966 - quale era, quale è ancora oggi (quando altri vent'anni e di più ancora sono passati), per la Massoneria italiana, il dovere civile e di presenza politica?

d’Aspro - Non ho che da proseguire la lettura: «Fra le tante storture ed ingiustizie che attestano una ripresa di potere temporale della Chiesa ai danni dello Stato un esempio ancora una volta ci viene offerto dalla data del XX Settembre, abrogata dalle festività civili, mentre tuttora indebitamente si solennizza quella della Conciliazione, di un Concordato fascista cioè...

«Tra le altre pesanti remore che la Chiesa conserva sullo Stato italiano voglio ricordare per la loro scottante attualità: l'affermazione dogmatica dell'indissolubilità del matrimonio, l'obbligatorietà dell'insegnamento religioso nelle scuole e la condanna recente di ogni intenzionale limitazione delle nascite. Queste istanze, se pur legittime nel campo della fede, hanno tuttavia pesanti ripercussioni nel Codice che ci governa...

Iniziare l'anno massonico il 20 settembre è conferma di questo radicamento anche ideologico nella storia della patria?

d’Aspro - Esattamente. «E' una scelta in deroga alla antica tradizione che poneva l'inizio dell'anno massonico al solstizio d'inverno... Dare inizio all'anno massonico in armonia con le stelle è senza dubbio un invito per i Fratelli a vivere in armonia con l'Universo... La scelta invece del XX Settembre... implica… un evidente stimolo alla concretezza, al valore operativo più che speculativo... Sul piano simbolico è un voler assicurare una continuità di storia al nostro Risorgimento. E un'indicazione a proseguire nello stesso solco, nella medesima direzione, con lo stesso slancio...».

Risorgimento nazionale, attualità politica, proiezione internazionale. Una tua riflessione unitaria su queste tre fasi o componenti della storia in divenire?

d’Aspro - Nei nostri dibattiti di anni fa, alla Nuova Cavour di Cagliari, tornava insistente la consapevolezza di non doverci, né poterci, allontanare dalle fonti ideali e patriottiche che hanno alimentato le logge lungo molti decenni. Da lì si parte, come dicevo prima, per costruire il nuovo: «Il Risorgimento non è un fatto di ieri ma si estende con la sua validità fino ad oggi. Il Risorgimento è soprattutto nel simbolo morale di Mazzini, tetragono e puro nella lotta per affermare i diritti dell'uomo e nell'anticipare storicamente la Confederazione d'Europa, un ideale modernissimo che attende di compiersi».

E in conclusione?

d’Aspro - Resto legato al senso del documento di loggia che hai richiamato tu all'inizio, ed io ho cercato di svolgere, rispondendo alle tue domande, tema dopo tema: «Potremo essere in pochi, la nostra azione potrà anche essere generosamente dispersiva, potremo amareggiare per qualche insuccesso ma non dimentichiamo mai che la nostra causa è storicamente nobile, è giusta ed è santa...

«I nostri rituali prescrivono che nella lama di ogni spada che ci è assegnata in ogni colonna sia inciso il nome di una gerarchia angelica. Ebbene..., senza alcuna ambizione retorica e con una legittima estensione simbolica, io dico che dovremmo apporvi piuttosto il motto: "Dio è con noi!" tanta è la forza morale che ci sorregge nel credere nella nostra giusta causa ed in un ideale di alta equità, di buon diritto e di suprema giustizia».

Chiosando, o suggellando, questa intervista simulata, nelle pagine centrali di Franco d’Aspro, maestro d’Arte e di Loggia, avvertii la necessità di puntualizzare alcune circostanze che, mal interpretate negli ambienti larghi della società civile cagliaritana come anche di quella artistica e della stessa Massoneria, parvero delineare un tardivo distanziamento del Maestro dalle idealità stesse e dalla pratica della Corporazione latomistica in cui per lunghi decenni, e sulla scia di padre e gran padre, aveva militato. Riporto qui di seguito, nuovamente rendendogli onore ora che il ricordo a lui si salda nel 25° segnato dal calendario, quando scrissi allora…

Abiura? Mai e poi mai. Sarebbe stato come tradire il lascito paterno

Caro Franco, al tuo passaggio all'Oriente Eterno le partecipazioni sulla stampa ci raccontarono, da sponde apparentemente opposte, la tua superiore dignità di uomo. Nell'unità della tua persona si fondevano le esperienze spirituali, ideali e civili del cristiano nativo e del maestro massone.

«In piena adesione alla fede cattolica e nella speranza della vita eterna, promessa da Gesù ai credenti...», diceva un necrologio sul giornale, mentre un altro - a firma dei tuoi Fratelli della loggia Hiram - onorava l'«insigne artista che, amandola e onorandola con le sue opere, dal protosardo, al nuragico, ai tempi nostri, ha eletto la nostra isola sua seconda patria».

Si conosce il testo di quella tua professione di fede... Eccolo, essenziale... «Il bisogno di rettificare la mia posizione sul problema religioso, col passare degli anni è diventato più frequente ed intenso. In questa evoluzione sicuramente ha influito il mio lavoro di scultore che mi ha portato a privilegiare temi ed opere di carattere religioso e l'amicizia di diversi sacerdoti che ho avuto modo di avvicinare e apprezzare.

«Oggi, in netto contrasto col passato, che ritengo definitivamente superato, mi sento in piena sintonia con la fede cattolica.

«Pertanto, sono in grado di dichiarare:

1 Credo in Dio, Creatore e Padre di tutti gli uomini;

2 Credo in Gesù Cristo, che ho raffigurato in tante opere, non solo come uomo ma anche come Dio e Redentore dell'umanità;

3 Credo nella Chiesa Cattolica, fondata da Gesù Cristo e quindi accetto tutto quello che insegna e ripudio quanto condanna;

4 Credo nella vita eterna promessa da Gesù ai credenti in Lui. Il desiderio che il mio corpo venga cremato dopo la morte intendo sia visto alla luce di questa fede e nel pieno rispetto delle attuali disposizioni della Chiesa che considera la cremazione moralmente lecita».

Nessuna abiura leggo in queste tue parole, caro amico e maestro. Sappiamo dalla storia che i costituenti della Massoneria moderna, quella speculativa del XVIII secolo, erano cristiani, addirittura ministri di culto, che predicavano ogni domenica dal pulpito. Sappiamo che il cristianesimo innerva storicamente la Massoneria occidentale, legittima e regolare, così la sua ritualità come certi rimandi della simbologia. Fu l'alleanza dell'altare col trono assolutista, fino alla caduta del becero potere temporale, a collocare - ma in Italia - su fronti opposti Chiesa e Loggia. E dovrei anche distinguere fra... Chiesa (comunità dei credenti, con la C maiuscola) e uomini di Chiesa, tanto spesso più gerarchi autoreferenziali che apostoli, così nella storia corrente come in quella passata.

L'omaggio che oggi ti rendo, caro Franco, è questa breve pagina scritta allora, all' indomani del tuo passaggio nelle Valli Celesti, per darti pubblicamente onore di coerenza, ma che mani tristi censurarono.

«Ho avuto la fortuna di partecipare, lo scorso lunedì, dopo che ai suoi funerali cattolici, anche a quelli massonici. E nella duplicità delle forme di congedo che gli si è voluto tributare, da parte dei suoi più cari, ho riscontrato la più matura e coerente risposta al suo parlare alla vita con i crocifissi e col testamento religioso letto in chiesa dal vescovo vicario generale, nell'ambito della sua dotta e commossa omelia, così come con il grembiule liberomuratorio e la sciarpa di 33. della Massoneria scozzesista.

«Merita una chiosa, io credo, un passaggio del bellissimo articolo che Mauro Manunza ha dedicato a d'Aspro domenica scorsa, a proposito della sua ipotetica abiura dei fondamenti ideali della Massoneria. Ipotesi che mi sento, per i termini del mio rapporto personale col grandissimo artista che ci ha lasciati, di dover assolutamente negare.

«Mi è stato "consulente storico" sino alla fine, fornendomi materiale documentario della sua quarantennale, generosa e qualificata esperienza di Loggia e di Rito, e di ogni episodio di quella straordinaria carriera mi ha raccontato il dritto ed il rovescio sempre con grande amore per i coprotagonisti - molti dei quali già nel grembo della Providenza, all'Oriente Eterno - e per l'Istituzione alla quale era stato iniziato pochi anni dopo il suo trasferimento nell'Isola. Il suo cursus era stato attraversato, prima nell'Obbedienza di Palazzo Brancaccio/Piazza del Gesù e nel circuito scozzesista di Voce Fraterna, quindi di Palazzo Giustiniani..., da lampi anticlericali ma non si è mai identificato o mortificato in un giacobinismo senza slanci.

«La revisione critica del suo scetticismo non ha inciso in nulla sulla sua fedeltà alla visione tollerante ed ecumenica della Massoneria regolare che, come dice il Fratello-poeta Kipling, accoglie l'ebreo e l'induista, il musulmano ed il cattolico romano. Perciò oggi - un secolo dopo Garibaldi e dopo Pio IX - ho potuto assistere come ospite, insieme con la vedova e la figlia, al breve rito massonico, nel cimitero di Elmas, senza dovermi sorprendere di quei diversi Venerabili Artieri che hanno officiato, i quali si sono segnati cristianamente tanto all'inizio quanto alla fine della loro invocazione al Grande Architetto dell'Universo perché il "carissimo fratello-d'Aspro" avesse la pace piena nelle Valli Celesti in cui non tramonta mai la grazia di Dio».

Ci salutiamo, caro Franco. Mi piace però darti l'ultima battuta.

d’Aspro, il sardo universale

d’Aspro - Credevo, quasi sessant'anni fa, che in Sardegna vi fossero solo pecore e nuraghi, non volevo venire. Ero pronto a trasmigrare a Parigi, ma non vi sono mai più andato. Ero destinato a diventare sardo... L'artista esprime quel che sente. Indubbiamente c'è un filo ideale che mi lega agli antichi sardi: o meglio, all'essenzialità e sinteticità del carattere dei sardi autentici.

A un amico giornalista ho detto, una volta, che a conclusione della mia vita posso tracciare un bilancio sicuramente positivo. Sono stato accolto, ho restituito il massimo che potevo... Sono legato a tutta la mia produzione. Sento molto le opere sacre. Ho fatto Crocifissi veramente belli. Sono affezionato ai miei nudi femminili, ai miei pastelli (uno scultore deve saper disegnare), ai miei cavallini. Ecco: mi ritrovo molto in quel Don Chisciotte del 1955, o in quello del '78... Sono uno che ha lottato contro i mulini a vento. Ho la coscienza serena.

I busti del Gran Maestro Corona e di Giuseppe Mazzini

Il passaggio adesso è obbligato, fortunatamente per me penultimo di una battaglia ideale e civile che ha assorbito ogni mia residua energia in un’estate davvero davvero cattiva... Con un prossimo articolo concluderò la mia testimonianza: “fai quel che devi, avvenga quel che potrà”, sentenziavano i saggi pagani e i primi pensatori cristiani, uniti in una superiore sapienza dell’umano, in una sacra contezza del giusto.

Ripenso, congedandomi, al bello, al perfetto, all’esemplare: ad un artista, d’Aspro, che ha lasciato il segno del suo passaggio fra noi con mille opere, numerose, numerosissime anche in luoghi pubblici di Cagliari e dell’Isola, quei tanti che potemmo riscontrare in occasione della mostra del 2012, tenuta all’indomani del centenario della sua nascita proprio a palazzo Sanjust.

A palazzo Sanjust si trova anche un’altra sua scultura, oltre ad alcuni oggetti rituali in bronzo riuniti nel Tempio maggiore, quello che ha ereditato il più dei precedenti di via Zagabria e addirittura di piazza del Carmine. Si tratta del busto di Armando Corona, Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia dal 1982 al 1990.




Fuso nel 1982 e presentato con il titolo “Il gran maestro in papillon”, esso fu accettato dal Collegio circoscrizionale nella sua tornata del 19 marzo 2005 e materialmente donato dall’ex Gran Maestro il 5 aprile successivo, proprio in occasione di una tavola rotonda dedicata alla figura d’artista e di massone di Franco d’Aspro. Titolo della serata: “Fonti cristiano-massoniche nell’arte di Franco d’Aspro”. Patrocinato dal Collegio Circoscrizionale e con l’abile organizzazione dell’Associazione culturale Karalis onlus, l’incontro s’imperniò sulla relazione di Giorgio Bertorino, che di d’Aspro tracciò una ricca scheda biografico-artistica. Parteciparono alla manifestazione anche la storica dell’arte Francesca Porcella che illustrò i filoni creativi dell’artista, soprattutto quelli di riferimento religioso, e la funzionaria della Sovrintendenza ai Monumenti Maria Passeroni, che insistette, pure lei, sulla originalità della cifra stilistica di d’Aspro.

Intervenendo nel dibattito, ed anzi fornendo ad esso spunti interessantissimi d’approfondimento, don Rosario F. Esposito, massonologo fra i più autorevoli in Italia, prese motivo dai soggetti religiosi della produzione dello scultore e alto dignitario scozzese per soffermarsi sullo stato delle relazioni fra Massoneria e Chiesa a partire dal Vaticano II, sottolineando infine che «non soltanto è stata eliminata dal Codice canonico qualsiasi sanzione per i cattolici appartenenti alla Massoneria, ma la stessa parola Massoneria non compare più nel codice stesso».

Un manufatto d’arte, questo effigiante Corona, che nella sala delle memorie storiche del GOI tiene compagnia, oltre che a quello di Giovanni Bovio, al busto anche di Giuseppe Mazzini – opera dell’albanese Quezim Kertusha donata alla Fratellanza cagliaritana dal Gran Maestro onorario Bruno Fadda (che a sua volta l’aveva ricevuta dalla figlia dott.ssa Silvia), nella sera del 10 marzo 2007. Presenti in quella circostanza a Cagliari, il Gran Maestro Gustavo Raffi e Lorenzo Conti, figlio di quel Lando Conti, massone e Venerabile ed esponente di primo piano del Partito Repubblicano Italiano (“delfino” di Giovanni Spadolini), già sindaco di Firenze, che fu assassinato dalle Brigate Rosse nel febbraio 1986. Tutti uniti nel canto dell’Inno degli italiani – il Fratelli d’Italia di Goffredo Mameli (Fratelli d’Italia sul serio, non certo la targa del collettivo sovranista e parafascista claque populista dell’on. Meloni!) – venne allora, nella giornata che ricordava il transito di Giuseppe Mazzini, scoperta quell’opera d’arte oggi in ammirazione.




Corre spontaneo, il pensiero, alla statuaria massonica ed alla statuaria civile: quest’ultima servì, tanto più nel postRisorgimento e nell’età giolittiana – insomma n nei passaggi da Cairoli e Depretis a Crispi e di Rudinì, da Zanardelli a Fortis – quanti massoni a capo del governo nazionale! – a Sonnino e Salandra ed altri ancora e ancora, appunto, fino a Giolitti, ad offrire modelli di nuova cittadinanza italiana a chi ancora risentiva delle chiusure localistiche, del provincialismo delle piccole patrie: sicché da Dante e Petrarca a Leopardi e Mazzini, da Cavour e Vittorio Emanuele a Garibaldi e Verdi, a Bovio – a Bovio! – effigi e rimandi ideali conquistarono progressivamente alla causa della patria unita, al sentimento della patria unita – la patria liberale e laica – quote crescenti di popolazione, nel sud e nelle isole come nel settentrione padano.

La statuaria come mezzo di pedagogia civile, oggi la Tradizione in necrosi

La Massoneria più spesso, e negli Orienti più vari, spingeva e promuoveva questi programmi pedagogici affidati all’arte di bravi scultori: si pensi al giurista pugliese Luigi Zuppetta, al quale tanto s’era legato Giovanni Bovio, e – come per Bovio stesso a Trani – neppure mancarono i contributi delle logge sarde del primo Novecento e di prima.

Ma di lato a tale generosa opera di propaganda civile, essa poteva vantare il proprio nei Passi Perduti di questa o quella sede, e nei propri Templi simbolici: Minerva o della Sapienza, Ercole o della Forza, Venere o della Bellezza.

E fuori dalla porta d’Occidente? In tempi lontani ma anche in tempi recenti, perfino attuali, presenti… chi mai si sarebbe sognato, o si sognerebbe, fra gli Artieri degni della qualifica, di giocare con le statue d’una mitologia antica ripensata per l’uomo contemporaneo? E chi mai si sognerebbe oggi di spupazzare il busto di Vincenzo Sulis nella casa di Alghero o di Gio.Maria Angioy in quella di Sassari – e tanto l’uno quanto l’altro furono presentati a pubbliche manifestazioni nei centri rispettivi –, o a Nuoro i plastici realizzati da Sanna e Angioni…? o le altre rappresentazioni, prova di valentia artistica di scultori nazionali ed esteri, custodite in numerose case massoniche d’Italia, da Siena a Salerno, da Sansepolcro a Trieste? chi oserebbe offendere il Romagnosi posto di guardia alla casa massonica di Pavia, o il Giordano Bruno della sede di Chiavari, il Garibaldi della sala Giuseppe Pizzarelli di Catania? A Cagliari sì, si è potuto, si è osato, lo stesso presidente del Collegio ha contribuito.

Mi è stato detto e ripetuto in questi giorni scorsi da qualcuno trovato nelle comunità solidali che frequento da quasi quarant’anni: se bastasse un grembiule verde per pareggiare Armando Corona e Mario Giglio in quanto presidenti del Collegio circoscrizionale dei Maestri Venerabili della Sardegna – essi ma anche Vincenzo Delitala e Giuseppe Delitala, Bruno Mura e Luciano Rodriguez, e quanti altri negli anni e nei decenni meno remoti! –, se bastasse un farfallino per pareggiare Vincenzo Racugno, il professore iniziato a Cagliari fra le Colonne della loggia Hiram nel novembre 1975 e primo fondatore nel febbraio 1998 della loggia Wolfgang A. Mozart, dal luglio 2002 grado 33 del Rito Scozzese Antico e Accettato e dal marzo 2003 Gran Maestro onorario. Se bastasse…, e invece vanagloria e cartone, insolenze gratuite e cattivo esempio. Perfino un affaccio (uno rappresentativo di una ipotizzabile più vasta presenza non indagata) su instagram e piazze nuove di inusitato affaccio per un alto dignitario del Grande Oriente d’Italia: “mi piace” “mi piace” “mi piace”… 




Incredibile: come se un prete prima di dire messa segnasse su Playboy l’OK a margine d’un articolo fotografico lì scorto fra pagina e pagina. Perché il busto di Giovanni Bovio risorgimentale e modernissimo, attualissimo, “antifascista” tirato in ballo soltanto per il divertimento degli scemi dell’autoscatto, a palazzo Sanjust, è infine come un crocifisso in chiesa a cui un prete – non un chierichetto – abbia posto la sigaretta in bocca o una paglietta in capo! uno scandalo che ben può degenerare nella bestemmia gridata da quello stesso prete dissociato, come qui dal sarcasmo idiota digitato lettera dopo lettera sul nome del presidente della Repubblica o del presidente della Camera, e riguardo a tutto il resto, la tonnellata del resto!

Nessuna sorpresa dunque per quel che mi è arrivato ancora in questi giorni dagli amici attivi nei Collegi lombardi e umbri a proposito di una circolare “ammazzatutti” (i dialettici) e, secondo taluno, palesemente vendicativa messa su – con bella penna certamente questa volta (?) – appunto dal presidente giustinianeo sardo. Circolare già il giorno dopo revocata in retromarcia per i quattro quinti, nella logica “mi ero sbagliato, mi ero espresso male”, per l’intervento burrascoso (eufemismo di gentilezza) di altissimi dignitari del circuito Obbedienziale e di quelli Rituali riconosciuti dal Grande Oriente d’Italia. Forse mai, essi, con tanta foga irruenti neppure con il più furbo, o furbastro, dei propri studenti.   

Ho fastidio – lo giuro – a trattare di queste cose tanto sconvenienti quanto estranee ai miei interessi diretti orientati semmai allo studio delle applicazioni, nella società contemporanea, delle idealità originarie come si sono sviluppate anche da noi, singolarmente, in Sardegna. Quelle idealità che nella confidenza personale mi insegnarono, giovanissimo, Franco d’Aspro con Armandino Corona, Mario Giglio con Paolo Carleo, Luciano Rodriguez con Mariano Marongiu, Oscar e Giorgio Casini con Lello Puddu, Lucio Salvago con Franco Marchi, anche Franco Marchi oggi quasi centenario, ancora con noi, virtuoso esemplare… Ad impressionare e spaventare è la contropedagogia che taluno, con l’invereconda copertura di chi non avrebbe dovuto, ha osato affermare a palazzo Sanjust facendosi capanna. 

Io spero, sono convinto anzi, si tratti ancora di una deriva laterale, quasi marginale ma pure inquietante per i rivoli velenosi e sotterranei, carsici, che essa sta diffondendo e di cui non ci si è ancora resi conto. Le stesse dimensioni del fenomeno nicodemico attestano il pericolo e l’urgenza di una riflessione autocritica profonda, profondissima. (Esso stesso, il fenomeno a doppio corno – quello segretamente demolitivo e quello nicodemico, impaurito ed attendista – , sembra patologico, incongruo e conflittuale con la Libera Muratoria che conosciamo dai migliori libri di storia, sì dai libri ma soprattutto dall’esempio reso dai testimoni dell’ideale chiamati alla prova: quasi a rappresentare tutti penserei a Fausto Francesco Nitti, fondatore con Lussu, nell’esilio, del movimento antifascista di Giustizia e Libertà, e in Sardegna penserei ai tanti che in diverse circostanze ho citato, da Alberto Silicani a Mario Berlinguer, da Annibale Rovasio a Pasquale Scuderi). 

Dico: è la contropedagogia che, trascurandosi ogni tempestivo provvedimento di correzione, rischia di corrompere e contraddire il senso stesso di una presenza, nel tempo e nei luoghi, dell’Istituzione massonica. Se un Maestro Venerabile e il suo vicario, e gli altri accomodati negli diversi scranni, giocano con il busto di Bovio come fosse il bambolotto dei loro nipotini e perdono tempo – essi uomini di quaranta e cinquanta e sessant’anni, professionisti competenti ed affermati! – con le battute sceme irrorate nei cosiddetti social e con i fotomontaggi che fanno della Merkel una erede di Hitler, può certamente derivarne che un Compagno d’arte, o chiamalo di mestiere e non fa differenza – uno appena arrivato cioè a palazzo Sanjust –, irrida a sua volta la cancelliera tedesca nei termini volgari che un’immagine, l’ennesima, rimbalza al vasto pubblico, oppure teorizzi scemenze suprematiste dei bianchi. Incredibile, incredibile. 




L'ammonimento di Armando Corona e le conseguenze d'oggi

La loggia, campo sacro di fraternità cercata e realizzata, per qualcuno è diventata un campo di gioco per adolescenti instabili, un teatro di periferia – e siamo a Castello! – per la recita senz’anima, talvolta biascicata perfino, d’un copione incompreso, un aperitivo che anticipa l’agape, la cena anzi. Eppure il Gran Maestro Corona aveva, già trent’anni fa, ammonito: «L’iniziato lavora alla costruzione di una diversa umanità… ha i suoi scampoli di cielo e di beatitudine in questa terra ed essi si realizzano ogni volta che, con gli altri Fratelli, lavora in Loggia alla edificazione del tempio della propria personalità, sotto la guida di una Istituzione massonica monda di sospetti e di brutture, protesa all’elevazione materiale, culturale e spirituale dell’intera umanità.

«Guai a noi se non elimineremo i maestri di profanità che siedono fra le nostre Colonne, Fratelli che pur cingendo i propri fianchi del grembiule di Maestro sono spiritualmente legati alla Colonna del Nord ed agiscono e si comportano come se la Loggia fosse una pubblica piazza o peggio un club profano. Bisogna combattere il lassismo, generatore di confusione e disordine. E’ urgente ed improcrastinabile instaurare una disciplina esteriore che produca scrupolosa osservanza della sacralità e ritualità della Loggia.

«L’insegnamento e la pratica iniziatica devono accompagnarsi ad una grande disciplina interiore, sicché ogni parola, ogni comportamento, ogni gesto, ogni atteggiamento siano di estrema coerenza con l’assoluta esclusione dei metalli dal Tempio» (cf. “Meditazioni sulla Massoneria”, Hiram n. 5/maggio 1990).

Parole che sono carta straccia per alcuni-molti, a partire dal presidente circoscrizionale che gioca come un bambino ad instagram e diffonde circolari… terroristiche che neppure 24 ore dopo deve ritirare perché… cervellotiche.

Perché la parola “dimissioni” è così estranea al vocabolario della coscienza di taluno? Certo, è inevitabile che si parta con il rapido, direi affrettato ritiro in quiescenza del Venerabile della loggia Kilwinning perché sue sono state le ripulsive offese al capo dello Stato e alle altre massime autorità della Repubblica, perché sue sono state le insistite e ributtanti celie di greve marca fascista, perché sua è stata l’irrisione (paradosso nel paradosso) della ritualità che egli stesso era chiamato ad officiare nel Tempio massonico, perché suo è stato il lessico rozzo e cafone del tutto incompatibile con un sodalizio di buona educazione, di natura iniziatica, di vocazione umanistica e morale. La posta in palio è troppo importante. La Libera Muratoria come corporazione civile patrimonio morale della nazione è cosa mia come felicemente di tutti, lo è come può esserlo, per percorso storico e oltre ogni appartenenza parrocchiale, la Chiesa nel servizio comunitario, lo è come può esserlo la Biblioteca universitaria o un Ospedale specialistico nella fruizione pubblica, lo è come può e deve esserlo la democrazia che tutti ci unisce nella costruzione di una trama di società inclusiva, partecipata e liberale. 

Sarà necessario bonificare e, sia pure con dolore, tagliare come chiedeva il Gran Maestro Corona. Reo e correi, per il bene di tutti. L'assunzione di responsabilità dovrebbe essere, per un libero muratore, un dovere gradito, gradito sempre. Lo insegna lo stesso rituale d'iniziazione. Iniziazione che - posso anche qui parafrasare l'insegnamento del Gran Maestro cagliaritano - non è operazione di magia, ma è impegno di coscienza e pubblico ad essere diversi e migliori: iniziazione virtuale che si fa reale ogni volta che, nella quotidianità, si sappia scegliere il giusto anche se scomodo e non gratificante. Si può, si deve, si deve, e d'urgenza.



Fonte: Gianfranco Murtas
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